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17 Luglio 2024

TORMENTONE ESTIVO/2

Giornate a ritmo di musica con i nostri TORMENTONI ESTIVI del numero di luglio di Spartaco Magazine. Quelle ricorrenze stagionali di cui non sappiamo liberarci, magari un po’ banali ma che hanno tutto il sapore delle vacanze.
Sotto le stelle cadenti, quarant’anni si annullano in un secondo. Basta una vecchia canzone, quella che il juke-box ripeteva in modo ossessivo in un’estate lontana, quando i protagonisti della storia di Piero Malagoli si erano guardati per la prima volta sopra al bancone di un bar.

Piero Malagoli, autore di “Nel rimorso che proveremo

SAN LORENZO

Lei si rizzò a sedere sul sedile del passeggero completamente abbassato e guardò giù verso valle. Sulla destra le luci del paese parevano un brulicare di lucciole, sulla sinistra c’era solo il nero della collina che digradava nel buio fino al fiume.

Abbassò un po’ il finestrino e permise all’aria tiepida di sfiorarlela fronte madida. Lui era rimasto sdraiato al posto di guida con quel respiro rasposo che a volte la teneva sveglia.

Non sapeva bene che dire. Era capitato tutto in un attimo, inatteso e imprevedibile.

Credeva che fosse iniziato quella mattina, mentre nel caldo soffocante tornavano in auto dalla cooperativa per la spesa settimanale. La radio trasmetteva un brano musicale che l’aveva spinta ad alzare appena il volume.

«Senti qui» gli aveva detto con un mezzo sorriso.

Lui aveva sogghignato e con le dita tozze si era messo a tamburellare sul volante dell’utilitaria. Era un tormentone estivo di parecchio tempo addietro, risalente ai primi anni ’80.

All’epoca lei lavorava nel bar del parco pubblico. A diciott’anni stava ancora chiedendosi che fare della sua vita. Era apprezzata nel suo lavoro. Non per la bella presenza che induceva i clienti ad attaccare bottone e scucire mance generose, ma per il fisico massiccio che le permetteva di sopportare turni e compiti gravosi, di trattare con ubriachi molesti e servire contemporaneamente sei birre medie grazie alla sua stretta di acciaio e i seni enormi che agevolavano il trasbordo.

Quell’estate nel juke-box sistemato sotto la pensilina del glicine quel brano veniva selezionato continuamente, fino ad esasperarla.

Ormai lo riconosceva ancor prima dell’inizio dal fruscio che la puntina provocava sul vinile. Da motivetto orecchiabile si era trasformato in un mantra assillante che la faceva sbroccare quasi quanto l’altro grande tormento estivo che la sfiniva.

Il peso ragguardevole faceva sì che il sudore le provocasse fastidiose irritazioni che prudevano come piattole, rendendole il pomeriggio un calvario. Eppure amava quel turno e anche se le toccava quello serale arrivava in anticipo, per essere presente quando lui si fermava verso le diciannove, smontando dalla fonderia.

Sempre l’ultimo sgabello in fondo, sempre una media scura che sorbiva tranquillo, grato del clima arroventato che a lui pareva frizzante dopo sei ore di altoforno. Doveva avere qualche anno più di lei, ma non più di tre o quattro. Dopo un mese e mezzo non si erano ancora scambiati una parola. Giusto un cenno formale di lui quando lasciava lo sgabello per andare a pagare alla cassa. Un giorno, però, quando quel brano partì per l’ennesima volta i loro occhi s’incontrarono mentre le sfuggiva un moto di sconfortato fastidio. Lui sorrise, approvando, e i suoi denti illuminarono quel viso tutto ombre di barba incolta e sbaffi di caligine.

La sera della loro prima uscita era rimasta basita nel vederlo senza tuta da lavoro, con quei magnifici capelli scuri ondulati e il dopobarba comprato al consorzio agrario. Si era detta che non avrebbe mai potuto volere proprio lei, invece…

«Stanotte è San Lorenzo» le era sovvenuto riascoltando quel brano che li aveva in un certo senso fatti incontrare.

L’auto era ferma al semaforo con i surgelati che si scioglievano nel bagagliaio. Senz’aria condizionata si moriva dal caldo, come quell’estate di quarant’anni prima.

«Ti porto a vedere le stelle cadenti» aveva proposto lui inaspettatamente.

«Saliamo su dalla fondovalle e ci fermiamo a mangiare i borlenghi» aveva svelato il vero motivo della gita romantica, ma andava bene anche così. Lei però era rimasta incerta.

«Cristina col bimbo è partita, Luca è già al mare da ieri… chi ci trattiene?».

Aveva dovuto convenire. Forse era solo la nostalgia di sapere che non avrebbe rivisto il nipote per venti giorni a renderla malinconica. Dei loro figli, trentenni e indipendenti, non c’era motivo di preoccuparsi.

Si erano così gustati due abbondanti porzioni di borlenghi col battuto di lardo, pancetta e rosmarino, poi, complice la bottiglia di lambrusco, avevano preso la sterrata per il colmo della collina, lontano dall’abitato, per avvistare le stelle cadenti.

Erano finiti a fare l’amore nel nulla, grugnendo nell’utilitaria che gemeva sulle sospensioni sotto l’agitarsi dei loro corpi tra un assordante frinire di grilli.

Lei ora guardava il cielo costellato di spilli lucenti attraverso il parabrezza cercando di vincere l’istinto di grattarsi laddove il suo personale tormentone estivo le rinfocolava il fastidio. Lui letoccava la schiena in basso, dove le forme abbondanti sformavano la maglietta.

Avrebbe dovuto sentirsi appagata e in sintonia con la natura che li circondava, soprattutto dopo un momento che non capitava più di vivere così spesso. Invece avvertiva l’angoscia che non si allentava nemmeno cessato il rischio di essere sorpresi.

Quella sensazione che il mondo era cambiato mentre loro vivevano senza nemmeno accorgersene. Eppure avevano cresciuto i figli e ora avrebbero solo dovuto godersi il nipote come un dono del cielo.

Stava per chiedergli: “Ma ti piaccio ancora?”.

Realizzò quanto quel dubbio fosse senza importanza, quasi fuori contesto dopo una vita passata insieme. Lei aveva il culo delle dimensioni di una lavastoviglie e lui era diventato calvo, con una pancia che pareva un’anguria. Ecco tutto. Altro che “ti piaccio ancora?”.

«Che c’è?» le chiese socchiudendo appena un occhio dalla sua posizione supina.

«Non so… pensavo ai ragazzi. Cristina che pensa di separarsi e Luca con questa casa che vuole comprare… Come faranno?».

«Cristina può tornare a stare con noi e Luca farà un mutuo».

La faceva sempre facile lui.

«Lo abbiamo fatto anche noi, il mutuo, per comprare casa»parlava col fiato ancora corto e la voce arrochita dal fumo, dal vino e dagli anni di fonderia. Doveva farsi vedere da un medico prima o poi, non sapeva più come dirglielo.

«Si, ma noi non possiamo aiutarlo come dovremmo…» conclusein tono colpevole.

Passò veloce una stella. Una scia da ovest a est, che si smorzò in meno di due secondi. Lei serrò gli occhi ed espresse il desiderio.Lo fece con convinzione, come se avesse avuto otto anni.

Perché si avverasse doveva tenerlo segreto, quindi rimase muta in attesa.

Occorsero appena cinque minuti. Lui si riscosse dal torpore nel quale pareva assopito. Si mosse appena, strofinando la mano callosa sulla sua schiena. Emanava quel sentore ferroso che non lo aveva abbandonato nemmeno dopo aver lasciato la fonderia.

Ecco… ora lo avrebbe detto.

«Ce la faranno» sussurrò.

«Dici sul serio?».

«Certo. Tutti quanti ce la faremo».  

Etichette: edizioni spartaco, Nel rimorso che proveremo, Piero Malagoli, Racconto, San Lorenzo, Spartaco Magazine, Tormentone estivo