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9 Luglio 2024

TORMENTONE ESTIVO/1

Non solo musicali i TORMENTONI ESTIVI del numero di luglio di Spartaco Magazine. Pensiamo a quelle ricorrenze tipiche della bella stagione, magari un po’ banali, ma che hanno tutto il sapore delle vacanze e del tempo libero.
Apre le danze Andrea Malabaila, che ci accompagna nelle notti calde piene di vita giovane, dove si bevono cocktail improbabili, si segue lo struscio sul lungomare, e si aspetta l’arrivo del Grande Amore.

Andrea Malabaila, autore di “Lungomare nostalgia

LOVE, LOVE, LOVE

Do you really think 

that love is gonna save the world?

Well, I don’t think so

Do you really think

that love is gonna save your soul?

Well I sure hope so

I really hope so

But I don’t think so

The Cardigans, Do You Believe?

Quell’estate al mare tutti i ragazzi e tutte le ragazze indossavano lo stesso modello di jeans: larghi, vita bassa ed un enorme RICH scritto sul sedere. Per stare sul culo a così tanta gente, questo Rich doveva averla combinata davvero grossa, scherzavamo noialtri, unici a non essere stati ancora contagiati dalla nuova moda.

Che poi io, personalmente, di voglia di scherzare ne avevo pochissima, soprattutto alla sera quando perdevamo ore in locali che mettevano sempre la stessa canzone – la maledetta canzone che piaceva a lei. Di lei avevo parlato a tutti appena ero arrivato, poi mi ero stufato e avevo cercato di dimenticarla. Ma ogni sera la stessa storia: sempre quella maledetta canzone. E così bisognava bere anche più del dovuto e cominciare a ridere di cose sceme e vedere tutto un po’ più lento e meno pauroso e parlare a voce troppo alta e provare approcci senza speranza.

Noi eravamo quelli vecchi, quelli che avevano già superato i vent’anni, mentre sulla passeggiata continuavano le corse senza meta delle ragazzine a braccetto, e dei ragazzini dietro le ragazzine.

C’è infatti un tempo per il pallone. E c’è un tempo per i Beatles. E c’è un tempo per il pallone, i Beatles e le ragazze.

Quest’ultimo è il tempo delle illusioni e dei dolori, o forse no, ma di sicuro è ciòche pensavo mentre ero seduto in uno dei soliti locali a sentire la solita, maledetta, canzone. Ero arrivato alla fase in cui uno cerca di trovare giustificazioni e comincia a dire a tutti che l’amore non esiste. Ma ero solo deluso dall’amore, così come gli atei sono delusi da Dio.

E bevevo. Bevevo e cominciavo a ridere di cose sceme e a vedere tutto un po’ più lento e meno pauroso e a parlare a voce troppo alta e a provare approcci senza speranza, così, tanto per divertirsi un attimo.

Quell’estate al mare noialtri vecchi bevevamo quasi esclusivamente un cocktail chiamato Monica Lewinsky: vodka più chinotto. Ci sembrava il cocktail perfetto, e per quanto mi riguarda lo era davvero perché mi faceva dimenticare lei e quella dannata canzone.

Abbiamo passato molte sere così, mentre le ragazzine ci passavano davanti e davano i loro primi baci e sfoggiavano le borsette Pink Bag e gl’immancabili jeans con la scritta Rich sul sedere.

Ma una sera qualcosa è cambiato.

In un tavolino vicino al nostro si è seduta una ragazza bionda che, non avevo dubbi, era la stessa che poche sere prima era stata eletta Miss Non-so-più-cosa. Noialtri ci eravamo divisi nel tifo, e lei era la mia preferita. Mi sembrava avesse tutto quello che deve avere una ragazza e non datemi del superficiale perché è superficiale chi non riesce a intuire il carattere di una persona da come sorride, da come muove le mani e da come cammina. Nessun dubbio che fosse una ragazza dolcissima. Nessun dubbio che avesse un’intelligenza vivace. Nessun dubbio, vi dico.

«Avete visto chi c’è?» domandai ai miei compari.

«Dove?» domandò a sua volta Jacopo.

«Lì» dissi cercando di non farmi sentire da lei.

«Carina. Chi è?» fece Walter.

«Come chi è?» spalancai gli occhi. «La miss. La mia miss».

«Mi sembra in buona compagnia» disse Cinzia, alludendo al fatto che assieme a lei c’erano due ragazze e tre ragazzi.

«Io preferivo la numero dieci» disse Jacopo. «Quella sì che meritava di brutto».

«Tu non capisci niente» ribattei. «Elisa era la più bella di tutte».

«Bene» disse Walter. «Vedo che ti ricordi pure come si chiama».

«Come potrei dimenticare?».

«Comunque la numero dieci meritava di brutto» riprese Jacopo.

«Però visto che la numero dieci non c’è, e c’è lei, potremmo andarla a conoscere»propose Walter.

«Non vi guarderà mai» fece Cinzia, forse un po’ ingelosita.

«Bisogna studiare qualcosa di serio» dissi.

«Se la tira un sacco» concluse Cinzia. «Non avete speranze».

Qualcuno mi disse che Elisa frequentava spesso quel locale, e così la sera successiva spinsi i miei amici a tornarci. Mi presentai con una risma sotto il braccio e qualcuno rise pensando che volessi darmi un’aria da giovane scrittore.

Cominciai a bere. Questa volta non per dimenticare ma per darmi un po’ di coraggio. Iniziai a ridere di cose sceme e a vedere tutto un po’ più lento e meno pauroso e a parlare a voce troppo alta e a provare approcci con Cinzia, tanto per rendere l’atmosfera un minimo elettrica.

E poi arrivò. Arrivò Elisa e arrivarono gli amici di Elisa. Si sedettero allo stessotavolino della sera prima, proprio vicino a noi.

Finii di bere. Mi alzai dalla sedia, andai a sbattere di proposito contro il suo tavolino e lasciai cadere la mia risma per terra. Lei si chinò prontamente e raccolse qualche foglio. Non ci mise molto ad accorgersi che tutti i fogli, proprio come i jeans dei ragazzini, erano identici e con la stessa scritta: “ELISA TI VORREI CONOSCERE”.

Mi sorrise.

Se credete nell’amore, oggi Elisa è mia moglie e viviamo felici e contenti.

Se non ci credete, lei è partita il giorno dopo e non l’ho mai più vista.

Etichette: Andrea Malabaila, edizioni spartaco, Lungomare Nostalgia, Racconto, Spartaco Magazine, Tormentone estivo