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SOLO
di Vito Faenza
I fantasmi. Prendono forma al chiaro di luna,
si materializzano nei sogni. Ombre.
Sagome di ciò che non è più.
Ellen Hopkins, scrittrice statunitense
Provava una sensazione di freddo, anche se la temperatura esterna non era tanto bassa. Non sapeva spiegarselo. Magari dovrei farmi qualche controllo medico, pensò mentre affrettava il passo. La nebbia rendeva le luci soffuse. Forse è proprio quest’umidità che mi provoca il tremolio, disse a se stesso. All’angolo della strada che portava a casa sua era ferma una donna, vestita elegantemente, un lungo bocchino stile anni Venti tra le dita della mano destra.
Una prostituta?, si chiese guardandola.
Di prostitute nel suo quartiere non ce n’erano. Almeno non ce n’erano ferme agli angoli delle vie. Le prostitute sostavano in periferia, nella zona industriale, non lì, in quella strada.
Di prostitute nel suo quartiere non ce n’erano. Almeno non ce n’erano ferme agli angoli delle vie. Le prostitute sostavano in periferia, nella zona industriale, non lì, in quella strada.
La donna lo guardò e quasi gli si parò davanti: «Hai da accendere?».
Fu sorpreso dalla richiesta: «Mi spiace, non fumo…».
«È un vero peccato, dovresti provare. Una sigaretta placa il nervosismo, dona un leggero piacere».
«In realtà ho smesso qualche anno fa. Ragioni di salute».
«Sei malato?».
«No, non sono malato, ho smesso per evitare di esserlo».
«Siamo tutti malati, chi più chi meno. Tutti nascono e tutti muoiono, in mezzo c’è la vita, più o meno felice».
«Davvero interessante, ma mi scusi dovrei andare».
«Torni a casa? Dalla mogliettina?».
Rimase perplesso. Che importava a quella donna dove andava e perché?
«Sì, vado a casa. No, non mi aspetta mia moglie. È morta qualche anno fa».
Si chiese perché avesse risposto in quella maniera e principalmente perché avesse risposto.
«Sei stato sfortunato. Era una bella donna? L’amavi?».
«Sì, sono stato sfortunato, la vita assieme a lei è stata un attimo. Era bellissima e l’amavo molto».
«Non ti sei consolato con nessun’altra?».
«No, dopo di lei non ho avuto nessun’altra donna, neanche per un minuto…».
Continuava a domandarsi perché stesse raccontando tutte quelle cose a una sconosciuta. Una donna seducente, ma una sconosciuta.
«Mi scusi, ma debbo proprio andare».
Fece un cenno con la testa e si avviò velocemente. Giunto davanti al portone si voltò a guardare la strada. La donna era sparita nella nebbia. Non se ne curò. Cerco di aprire piano (cigolava quel vecchio infisso, come se fosse la porta dell’inferno) per non disturbare i vicini. Il vecchietto che abitava al primo piano soffriva di insonnia e al minimo rumore si alzava, apriva la finestra e gridava: «Chi va là?». E lo gridava tanto forte da svegliare gli altri inquilini.
Si mise a letto e sognò la donna che aveva incontrato. E nel sonno pensò: era un fantasma. Il fantasma di un tempo che non sarebbe più tornato.
Fine.
Vito Faenza (1948), giornalista e saggista. Ha lavorato dal 1976 al’Unità, di cui è stato anche inviato speciale. È stato corrispondente di Panorama da Napoli fino al 1984; ha lavorato per Il Messaggero fino al 1996. Collaboratore dell’agenzia radio Area e dell’agenzia stampa Agi, nel 2000 è entrato a far parte del Corriere del Mezzogiorno. Esperto di criminalità organizzata e terrorismo nazionale e internazionale, è autore di numerosi saggi e ha tenuto seminari universitari su questi temi. Dal 2004 al 2010 è stato segretario dell’Osservatorio sulla camorra e sull’illegalità, curando la pubblicazione del relativo bollettino mensile. Per Edizioni Spartaco ha scritto i romanzi “Il terrorista e il professore” (2015) e L’isola dei fiori di cappero (2014) vincitore del Premio Sgarrupato 2015 dedicato a Marcello d’Orta.