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25 Aprile 2020

Quarantena sociale precaria: le avventure di Mauro Eliah al tempo dell covid: episodio I

di Marco Ehlardo


Capitolo I: Lo Smart Working

Quindicesimo giorno di isolamento.

Dal primo giorno, sono passate ventuno riunioni su Skype ed una media di venti telefonate al giorno.

Lo chiamano Smart Working: in italiano “lavoro intelligente”. In realtà, se sei furbo, significa lasciarsi inglobare dal divano e vedersi in una settimana tutte le sei stagioni ed i centoquattordici episodi di Lost. Se sei un operatore sociale precario, significa lavorare più di prima, e senza orari per giunta. Dunque, l’intelligenza si riferisce solo a chi appartiene alla prima categoria.

Per fortuna, quando è iniziata questa storia del Covid-19, in accoglienza avevamo poche persone: due uomini nel primo appartamento, tre donne nel secondo, una famiglia di tre persone nel terzo. Tutto abbastanza gestibile. Aspettavamo almeno altre dieci persone, ma ovviamente il trasferimento è stato bloccato da Roma. Dove li abbiano “parcheggiati” ho avuto paura a chiederlo.

Meno gestibile è il rapporto con il Comune. Quando li chiami per un problema, ti rispondono che “non è il momento di pensare ad altro che non sia l’emergenza Covid”. Se, invece, li chiami per una questione legata all’emergenza Covid, ti rispondono che “non sono loro che si occupano di emergenza Covid”.

Le amministrazioni pubbliche, a volte, sono come un cane che si morde la coda. E poi ti accusa pure di avergliela morsa tu.

Lucio, l’assessore alle politiche sociali del Comune, da me chiamato “Lui” per il suo considerarsi un padreterno, in ufficio non si trova più. In compenso non fa che avviare compulsivamente dirette Facebook, dai punti più svariati della città. In una, in piazza e davanti ad una birra, dice che va tutto bene e che la città resiste, va vissuta e tenuta viva. In quella successiva, neanche un’ora dopo, in una specie di bunker antiaereo, con tanto di maschera antigas modello prima guerra mondiale, dice che dobbiamo stare tutti a casa, sennò ci manda i vigili urbani a bucarci tute e quattro le ruote della macchina.

Tre giorni fa, in un’altra diretta, sdraiato su un letto, ha annunciato di essersi preso il virus: 1263 like.

Ieri, baldanzosamente seduto dietro ad una scrivania, ha annunciato (miracolo!) di essere già guarito: 591 like.

Sul fatto che siano stati molti di più ad apprezzare che fosse malato, rispetto a quelli che abbiano apprezzato la sua fulminea guarigione, fossi in lui, ci penserei sopra.

Comunque, non so se abbia preso davvero il virus o, più probabilmente, sia stato solo uno dei suoi show. Ma, nel primo caso, capirei che nemmeno il virus sia stato capace di sopportare Lucio per più di un giorno.

Sul lato interno, quello della mia associazione, le cose sono più difficili del solito. Ed anche i rapporti.

Enzo, il presidente, è rinchiuso nella sua casa a Quarto. La metà delle chiamate che ricevo ogni giorno sono le sue.

Esempi di discussioni.

Sabrina. L’impresentabile bracco destro di Enzo. Mi chiedevo che fine avesse fatto. Non la sento dall’inizio di questa storia. Vero è che nei primi giorni mi avrà chiamato una decina di volte, ma non le ho mai risposto.  Ho usato più volte con lei la risposta automatica “ti chiamo dopo” di quanto l’abbia usata nel resto della mia vita.

Come si usa dire, quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare. Normale, dunque, che lei sia stata relegata in panchina. Ma, anche da lì, è in grado di fare danni.

Quando si è iniziato a parlare di lockdown, del fatto che dovevamo restare tutti a casa, in una riunione di emergenza per organizzarci sul da farsi, aveva proposto: “e allora chiudiamoci tutti assieme in una delle case! Tipo quella delle famiglie!”. Per un istante, ho visto persino Enzo fare una smorfia che significava: “ma questa chi ce l’ha trovata?”. Poi ha realizzato subito che era stato lui, ed ha glissato.

Ma alla fine della riunione, assegnati tutti i ruoli per l’emergenza, a lei le ha lasciato quello di jolly.

Una carta che, finora, si è ben guardato di giocare.

Marco Ehlardo (1969) è nato a Napoli, città dove vive e lavora. Impegnato da oltre quindici anni nel settore sociale, è stato project manager di un programma di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati e di numerosi altri progetti e servizi per migranti. Esperto di migrazioni e asilo, è autore per le testate Vita No Profit e Comunicare il Sociale. Svolge incontri e seminari sul tema per associazioni, giornalisti e scuole. Per Edizioni Spartaco ha pubblicato “Terzo settore in fondo. Le avventure semiserie di un operatore sociale precario” (2014) e “Fratello John, sorella Mary. Le nuove avventure semiserie dell’operatore sociale precario Mauro Eliah” (2016).