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Tutto questo finirà, prima o poi.
Usciremo da questa pandemia; il problema è in cosa entreremo.
Sto recuperando un po’ del mio vecchio orgoglio di appartenere a questo mondo, quello del sociale.
Fino ad un’ora prima che scoppiasse lo scandalo Mafia Capitale, per la gente eravamo tutti santi ed eroi. Non era del tutto vero.
Un’ora dopo lo scandalo, le stesse persone ci dicevano che eravamo tutti ladri e criminali. Era ancor meno vero.
Oggi, in questa emergenza, la gente si sta rendendo conto di nuovo dell’importanza del terzo settore. Ti guardano di nuovo con approvazione. Persino se ti occupi di migrazioni: approvazione magari no, ma almeno tranquilla indifferenza. Che è un gran passo avanti rispetto a poco tempo fa.
Se nel mio DNA si è impresso, ancora più in grassetto, il marchio di Operatore Sociale Precario, la mia condizione è divenuta paradossalmente privilegiata.
Molti colleghi hanno perso il lavoro. Un effetto, in realtà, iniziato già con i cosiddetti Decreti Sicurezza, a cui l’emergenza ha dato una drammatica accelerata. I più fortunati, con un contratto più stabile, sono stati messi in ferie forzate, fin quando possibile. L’élite addirittura in Cassa Integrazione (per molti di noi qualcosa di realistico quanto uno Yeti).
Altri rischiano la salute, lavorando in centri di accoglienza di grandi dimensioni, dove il distanziamento sociale è sostanzialmente impossibile. Ovviamente, nell’elenco degli eroi del momento per i media, che include anche i rubinetti del Parlamento, loro non sono mai inseriti.
Sono loro che stanno restituendomi la fiducia nel nostro mondo.
Ho molta meno fiducia in tutto il resto.
Molti dicono che questa situazione ci renderà tutti migliori. Mi sembra un esempio di inguaribile ottimismo. Miglioreranno quelli che già avevano una certa sensibilità. Gli altri, torneranno esattamente a come erano prima. Col risultato che i primi saranno ancora più disadattati.
Se nella cosiddetta Fase 1 si respirava un clima di nuova solidarietà, ed erano scomparsi temi quali “l’emergenza immigrazione”, appena si è cominciati a parlare di Fase 2, si cominciano a risentire slogan quali “prima gli italiani”, e la domanda esistenziale torna ad essere “quando ricomincia il campionato di calcio?”.
Ricomincerà il campionato, non vi preoccupate.
Preoccupiamoci, piuttosto, che non ricominci esattamente tutto il resto. Che è quello che temo di più.
Come si diceva all’inizio di questa storia?
Andrà tutto bene.
Forse, andrà bene.
Più probabilmente, andrà.
Marco Ehlardo (1969) è nato a Napoli, città dove vive e lavora. Impegnato da oltre quindici anni nel settore sociale, è stato project manager di un programma di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati e di numerosi altri progetti e servizi per migranti. Esperto di migrazioni e asilo, è autore per le testate Vita No Profit e Comunicare il Sociale. Svolge incontri e seminari sul tema per associazioni, giornalisti e scuole. Per Edizioni Spartaco ha pubblicato “Terzo settore in fondo. Le avventure semiserie di un operatore sociale precario” (2014) e “Fratello John, sorella Mary. Le nuove avventure semiserie dell’operatore sociale precario Mauro Eliah” (2016).