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  • Primo passo Il padre di Maurizio morì alle undici del mattino, al lume di una candela. Era la fine di maggio: mese funesto. Il sole era così duro, che avevano chiuso finestre e imposte, come nelle notti d’inverno. Maurizio aveva tredici anni. Vedeva per la prima volta “come si muore”.

    Di morti ne aveva visti parecchi, ma “a cose fatte”. In Grecia hanno l’ambizione del cadavere. I morti se li spasseggiano per le strade, a bara scoperta e tra i fiori. Una volta Maurizio aveva visto uno di questi morti parati per il funerale, mentre lo calavano dalla finestra di un secondo piano, perché la scala era troppo stretta.

    Veniva giù lentamente, verticale nella cassa, come un pesce in gelatina. I morti laggiù sono uomini rimessi a nuovo. Colui era in frac, scarpe lucide, baffi tinti, guance rasate di fresco. A Maurizio era pure capitato vedere uomini cadere in istrada, una volta una vecchia; ma lui stava distante, né era sicuro si trattasse di morte o di “altra” cosa.

    Erano venuti a chiamarlo in iscuola. Il maestro era appena salito in cattedra. Maurizio capì che si trattava di cosa insolita, che trasformava la sua vita. Provò un languore agli intestini, ma fu contento di un pretesto così valido di abbandonare la scuola. Il maestro di greco era un lavativo famoso, ma quella volta non fece difficoltà per lasciarlo partire.

    Fu di una mansuetudine sorprendente. Depose il testo della Ciropedia sulla cattedra, aiutò Maurizio a raccattare i libri, a tirare le cinghie della cartella. Maurizio era diventato un personaggio importante: se ne accorse subito. Questa trasformazione era legittima e non ne stupì. Nel traversare la corsia, notò che i compagni lo guardavano con invidia.

    La sua mente era lucida: in pochi minuti aveva fatto un lunghissimo viaggio. Non era invidiato perché lui se ne andava e quelli rimanevano a vedersela con Senofonte, ma perché a lui e a lui solo era capitata quella “cosa”. Mentre scendeva la via dell’Università, l’uomo che era venuto a cercarlo lo incitava a far presto. Queste sollecitazioni importunavano Maurizio.

    L’uomo si chiamava Sotiri. Il cognome non si sa, come di solito i cognomi dei servitori. Stava a servizio da appena quindici giorni. Aveva mani a barbabietola, capelli spinosi, faccia bitorzoluta. L’alimentazione regolare non ha cominciato ancora a far effetto. Così pensava Maurizio. Tra poco la sua pelle sarà lucida come quella dei maiali.

    Maurizio, rendiamogli questo merito, non formulava un giudizio proprio: ripeteva alcune considerazioni che aveva colto dalla viva voce dei suoi genitori. Malgrado le sollecitazioni di Sotiri (si sarebbe persin fermato, per insegnare a quello zotico come ci si comporta col padroncino) Maurizio allungava il passo. I tendini gli doloravano.

    Si sarebbe messo a correre, ma una volta il maestro di ginnastica lo aveva redarguito, perché durante la marcia in cortile aveva piegato le ginocchia. Aveva una gran curiosità di vedere da sé quella “cosa”, che Sotiri non gli aveva saputo spiegare se non a mezzi termini. Conoscerla attraverso il comunicato di quell’estraneo, lo umiliava profondamente.

    A quell’uomo non domandava più nulla, non gli rivolgeva più la parola. Si sentiva di averlo interrogato a principio, e con un calore di cui ora misurava tutta la vergogna. Sentiva che quella “cosa” riguardava lui solo, e che un inferiore, un servo non ci doveva entrare in nessun modo. Camminavano nell’ombra stretta delle case, rasentando i muri come quando piove.

    Via via che si avvicinavano a casa, cresceva la preoccupazione di Maurizio. Alla situazione che aveva da affrontare, si sentiva impreparatissimo. Il caldo era formicolante. Sembrava nuotare dentro una materia irta di spilli morbidi, freschissimi. Maurizio aveva tanto lavorato di stinchi, che l’uomo era indietro di parecchi passi.

    Benché montanaro e rotto alle fatiche, quel salame si faceva distanziare da un tredicenne nato e cresciuto in città. Abituato a andare scalzo, sembrava stentasse camminare con le scarpe che erano state del padre di Maurizio: colui che ora costituiva un oggetto di così viva curiosità. Maurizio si andava preparando così bene al “suo” dolore,

    che d’un tratto, senza che se ne accorgesse, gli salì su dal petto il singhiozzo più sonoro, più rotondo, più patente che gli fosse mai capitato. Maurizio rabbrividì, ma l’altro per fortuna era parecchio indietro e certo non aveva sentito. Liberato di questa paura, Maurizio fu contento di sé. Ma quel singhiozzo era venuto troppo presto,

    forse al momento buono non gli sarebbe riuscito trovarne uno eguale. C’era pericolo d’una “stecca”. S’accorse di essere all’angolo di piazza della Concordia, davanti al cancello di casa Vasso. Proprio in quel momento il generale scendeva da cavallo e consegnava le redini all’attendente. Vide Maurizio che passava e lo chiamò con l’indice a uncino.

    Quando Maurizio si fu avvicinato, il generale gli pizzicò la guancia e gli domandò “come stava papà”. «Bene grazie», rispose Maurizio. Capì che aveva detto una sciocchezza, ma ormai era troppo tardi.

    Vite di Mercurio

Vite di Mercurio

Introduzione di Silvio Perrella. Collana diretta da Alessio Bottone

Pubblicazione: 3 marzo 2023

Collana: Elitropia

Pagine: 112

ISBN: 9791280955012

Disponibilità: Ottima

Prezzo: 14.00 

«Ma tu chi sei?» gli chiesi nuovamente. Egli col mento m’indicò di faccia la casa bassa in mezzo ai pioppi. Ed ora che la riguardai, di dentro la vetrata quadra il dio pensoso e vigile non c’era più.

Mercurio come gallo, Mercurio come manichino in una vetrina, Mercurio come dio indicatore, Mercurio quotidiano metafisico affabile e imprendibile, dio della leggerezza e degli scambi, un po’ bugiardo, intermediario tra gli dei e gli uomini.

In questa raccolta di prose immaginative il lettore troverà al suo meglio l’arte metamorfica di Alberto Savinio; e vedrà apparire il dio prediletto dello scrittore come in un diario paradossale dove al tempo è concessa l’arte dell’andirivieni.

D’altronde l’incontro tra Mercurio e Savinio non poteva non prodursi, visto che, come scrisse Giorgio Manganelli, era difficile non considerare lo scrittore nato in Grecia «una delle forme umane di Mercurio… uno di quegli esseri ignari di fine e di addio che in luoghi incolti si esercitano con le frecce, con il flauto, con il Gioco».

Parte integrante dei testi sono alcuni disegni di Alberto Savinio, per i quali si ringrazia  l’Associazione Archivio Alberto Savinio,

 

Alberto Savinio: il più grande scrittore italiano tra le due guerre Leonardo Sciascia

Savinio riesce ironico nel senso più moderno della parola. Ma di spirito intensamente umanistico Elio Vittorini

Per Savinio scrivere significava pensare in piena libertà Silvio Perrella

Silvio Perrella è autore di una quindicina di libri che sfuggono alle classificazioni. È un palermitano che vive tra Napoli e Roma e torna quanto più può nella sua città d’origine. Tra i suoi libri, Calvino (1999), Fino a Salgareda (2003), Giùnapoli (2006), fino a Doppio scatto (2015), Io ho paura (2018) e Petraio (2021). Con Raffaele La Capria ha scritto Di terra e mare (2018). Ad ora incerta è il suo più recente programma radiofonico dedicato alla poesia, andato in onda sulle frequenze della Radio svizzera italiana. Per RadioRaiTre racconta luoghi e persone.

 

Libro pubblicato con il contributo della Regione Campania.

Recensioni

“Una lettura che apparentemente può sembrare complessa ma che a mio dire riesce con le sue evoluzioni narrative e immaginifiche a solleticare il lettore, trasportandolo nelle imprevedibili azioni di un Mercurio un po’ bugiardo un po’ affabulatore un po’ Alberto Savinio” Mille Splendidi Libri e non solo

 

Recensione di “Vite di Mercurio” sul Corriere della sera da parte di Emanuele Trevi

 

Recensione di “Vite di Mercurio” su Il Quotidiano del Sud nella rubrica “Scaffali” di Raffaele Messina.

 

Intervista di Filippo Maria Battaglia a Silvio Perrella per la rubrica di libri “Incipit” di SkyTg24https://tg24.sky.it/lifestyle/2023/11/08/libri-alberto-savinio-silvio-perrella-incipit 

Una versione più breve dell’intervista è disponibile su tutte le principali piattaforme di podcast (Spotify, Apple podcast, Google podcast etc) nella rubrica “Tra le righe“.

Recensione da parte di Pasquale di Palmo su “Il Manifesto”.