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  • Torre Orsaia fu fondata nel 1301 dal vescovo Pagano, ma i primi insediamenti nella zona risalgono a un’epoca di poco successiva all’anno mille e già nel quarto secolo avanti Cristo «antiche fattorie» punteggiavano la carovaniera che univa la costa all’entroterra, tra le valli del Bussento e del Mingardo. L’intera regione della «piccola Mesopotamia cilentana»,

    definita a oriente e a occidente dai due fiumi, «fu infatti punto di passaggio obbligato tra Policastro e il Vallo di Diano». Le incursioni saracene sulla costa provocarono poi ripetuti spostamenti di popolazioni dal mare verso l’area in cui attualmente si trova Torre Orsaia. Lo stesso nome dice molto della sua storia. Il professor Felice Fusco, autore del libro Torre Orsaia e i suoi

    antichi statuti, riporta il testo di due documenti. Il primo è un atto di vendita conservato nella Badia di Cava dei Tirreni, ma proveniente dagli archivi della Certosa di Padula, dove tra i fideiussori figura un Francesco Barballa casalis Turris Chursaye. Il secondo è un libro dei fuochi del Regno di Napoli del 1443, fatto al tempo degli aragonesi, tra i quali figura Turris Cursaria,

    dove la terra è tassata per 94 fuochi, cioè 94 famiglie. È quindi possibile che il nome originario fosse quest’ultimo: una torre in cui rifugiarsi per difendersi dai corsari. “Corsari” è il nome usato per indicare anche gli aggressori di origine saracena. È probabile che a causa di quelli che i linguisti chiamano “cambiamenti fonetici”, che hanno il potere di deformare le

    parole, il nome Cursaria, difficile a pronunciarsi, si sia trasformato nel più accessibile Orsaia. Il palazzo vescovile, nella cui corte si entrava attraverso il grande arco che ancora si trova sotto la torre campanaria, era infatti un’enorme muraglia con le finestre aperte soltanto a partire dal secondo piano. Probabilmente al centro della volta dell’arco di entrata si apriva la botola

    per accedere all’interno per mezzo di scale rimovibili. Tutto lascia pensare dunque a una struttura difensiva, all’ultima ridotta in cui asserragliarsi per respingere i corsari sbarcati nel Golfo di Policastro. Anche altre, comunque, sono state le interpretazioni del nome di Torre Orsaia. E nessuna, al momento, è sembrata definitiva. Quanto al nome di Castel Ruggero è

    probabilmente da respingere la tesi di Laudisio, storico del Settecento, che attribuisce la fondazione a Ruggero il Normanno, mentre vanno considerate le notizie sull’ampliamento e la fortificazione del borgo nella seconda metà del XV secolo ad opera di Antonello Petrucci, ampiamente documentate. Pietro Scapolatempo mette in evidenza l’esistenza di

    una famiglia Ruggiero o De Ruggiero della quale si conserva ancora uno stemma nell’arco del presbiterio della chiesa parrocchiale e che può aver attribuito il nome all’abitato. Da queste poche notizie si deduce che la parola castello indica non un complesso signorile, bensì un centro abitato munito di fortificazioni, come attestano le definizioni dei

    giuristi medievali. Fusco descrive poi i caratteri del territorio in età preistorica e romana come luogo di passaggio tra il mare e l’entroterra. Riprende una felice espressione del giornalista Aldo De Francesco che definisce la zona ricca d’acqua e racchiusa tra i fiumi Bussento e Mingardo come la «Mesopotamia cilentana». Scrive Fusco nel suo "Torre Orsaia e i suoi

    antichi statuti": «L’agro di Torre Orsaia in epoca preistorica dovette essere percorso da bande di cacciatori che dalla costa salivano verso il Centaurino e il Cervato in cerca di prede: successivamente, in età protostorica, esso fu segnato dalla carovaniera che univa la costa all’entroterra. Tutta la chora della piccola Mesopotamia cilentana, delimitata a oriente dal

    Bussento e a occidente dal Mingardo, fu infatti punto di passaggio obbligato tra la fascia costiera e l’interno, in particolare tra Policastro e il Vallo di Diano. L’abitato arcaico nel quale le carovane, lasciati i centri costieri, attuavano la prima tappa, non era Torre Orsaia, che sarebbe sorta circa due millenni dopo, bensì Roccagloriosa, centro difensivo, all’imbocco delle due valli (del Bussento e

    del Mingardo) e mercato di raccolta e di scambio delle merci». Poi aggiunge: «L’insediamento di Roccagloriosa è il più importante di tutta la chora. Dalla fine del quinto secolo alla fine del quarto l’abitato dei Capitenali non solo accentrò il controllo e la supremazia sulle due valli con i pagi di Rofrano Vetere, di Laurelli e di Pyxùs ma rinvigorì l’uso e la funzione della

    carovaniera… Molto attive, dati i ritrovamenti, dovettero essere le officine (di ceramica, di terrecotte, di oggetti in bronzo) dell’abitato e di quelle extra moenia, come pure gli insediamenti rurali (i vici), che con i prodotti della terra (cereali, vino, olio) e con l’allevamento (bovino e suino) assicuravano non solo il fabbisogno interno ma anche un fiorente mercato

    locale e, forse, addirittura l’esportazione». A quel periodo, dunque, risalgono le abitazioni dei primissimi nuclei familiari anche nella zona di Torre Orsaia: «L’agro torrese, in cui non mancano i segni di antiche fattorie (a Castel Ruggero e nelle contrade Pedale, Scuderie, Mortelle, Unna di Sansone, Tempa delle Lenze…) nel quarto secolo a. C. probabilmente visse la sua stagione più florida,

    che non si ripeté più né in epoca romana né nell’evo medio».

    Torre Orsaia. Mille anni di storia

Torre Orsaia. Mille anni di storia

Pubblicazione: 1 luglio 2022

Collana: Fuori collana

Pagine: 168

ISBN: 9791280955005

Disponibilità: ottima

Prezzo: 10.00 

Torre Orsaia fu fondata nel 1301 dal vescovo Pagano, ma i primi insediamenti nella zona risalgono a un’epoca di poco successiva all’anno mille e già nel quarto secolo avanti Cristo “antiche fattorie” punteggiavano la carovaniera che univa la costa all’entroterra, tra le valli del Bussento e del Mingardo. L’intera regione della “piccola Mesopotamia cilentana”, definita a oriente e a occidente dai due fiumi, “fu infatti punto di passaggio obbligato tra Policastro e il Vallo di Diano”. Le incursioni saracene sulla costa provocarono poi ripetuti spostamenti di popolazioni dal mare verso l’area in cui attualmente si trova Torre Orsaia. Il 7 agosto 2021 Andrea Baldini, Giuseppe Capobianco e Raffaele Alliegro hanno raccontato i momenti principali della storia di Torre Orsaia in una serata all’aperto organizzata dall’Università popolare del Cilento. I diversi interventi sono stati trascritti, rielaborati e arricchiti dagli autori fino a realizzare questo libro.

 

GLI AUTORI

Andrea Baldini è avvocato e presidente dell’Università popolare del Cilento.

Giuseppe Capobianco è ex dirigente scolastico e scrittore, accademico dell’Università popolare del Cilento.

Raffaele Alliegro è giornalista e scrittore, caporedattore nel quotidiano “Il Messaggero” e accademico dell’Università popolare del Cilento.

I tre autori sono legati al Cilento e a Torre Orsaia da un amore antico, profondo e consapevole.

 

Libro pubblicato con il contributo della Regione Campania.

 

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