Anna, Vladimir, Mohamed. Tre pianeti diversi, da me e tra loro. Sono la mia famiglia, assieme a qualche altro migliaio di persone provenienti un po’ da tutto il mondo.
In Terzo settore in fondo, Mauro Eliah si occupa di disperati in terra straniera. Migranti, anzi no, rifugiati, una categoria protetta da particolari norme internazionali, ma che nella lettura dell’opinione pubblica e degli apparati istituzionali italiani appare sfumata, soggetta agli umori e agli interessi dell’amministratore di turno. Tra i richiedenti asilo, c’è Thomas Compaoré, giornalista, un passato di carcere e tortura nel Burkina Faso prima della fuga nel Belpaese dove è in attesa del permesso di soggiorno. Intelligente, preparato, è benvoluto e rispettato da Eliah e dai suoi colleghi ma critico sul poco e male che si fa in Italia. Su un cantiere edile combatte la sua battaglia, solo contro la rassegnazione e il destino di un esercito di senza diritti e senza voce. Sullo sfondo la Giornata Mondiale del Rifugiato, sbiadita e grottesca vetrina politica nelle mani di associazioni di facciata. Terzo settore in fondo è sì un duro atto di denuncia contro il cinismo del mondo dell’accoglienza, ma senza mai averne il sapore. I colori sono quelli leggeri dell’ironia e della battuta felice, che non conosce l’insulto e l’attacco violento. Proprio per questo l’effetto è dirompente, di una efficacia straordinaria. Castigat ridendo mores: ridendo, corregge i costumi. E alla fine si diventa consapevoli che c’è poco da stare allegri per capirsi e per capire ciò che succede in un mondo i cui confini, anche mentali, sono profondamente cambiati.
Marco Ehlardo (1969) è nato a Napoli, città dove vive e lavora. Impegnato per dieci anni nel settore sociale, è stato coordinatore di un programma di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati. Ha organizzato e partecipato a numerosi convegni, incontri e seminari sul diritto di asilo, e coordinato la pubblicazione di due dossier statistici sul fenomeno in Campania. Attualmente è referente territoriale per la Campania di ActionAid Italia, una delle più importanti e serie organizzazioni internazionali che lottano contro la povertà e per i diritti umani.Tamara Ferrari, giornalista, è originaria di Altilia, in provincia di Cosenza. Nel 2006 è approdata alla rivista Vanity Fair, dove lavora nell’ufficio centrale di Milano e cura la rubrica on line Malanova, quando non è inviata nei teatri di guerra di tutto il mondo. Per Edizioni Spartaco ha scritto il libro Il confine sminato. Cronache da Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Sud Sudan, Bosnia ed Erzegovina, Italia (2014). Carlo Ciavoni (Roma 1948) è giornalista dal 1972. Si è occupato di nera e giudiziaria nel corso della carriera di cronista nelle redazioni dei quotidiani l’Unità, Paese Sera e infine la Repubblica dove lavora da più di trent’anni. Altri territori giornalistici praticati sono il mondo della scuola, la politica e, da un decennio, la cooperazione internazionale.
“Un Percorso a Ostacoli fino al Terzo Settore in Fondo”
Marco Ehlardo ci dice qualcosa in più del libro e di sé…
«La sera mi rilasso con la mia passione più grande: la musica. Passione estrema, e dai gusti estremi. Prendo la mia chitarra Jackson Randy Roads (il defunto chitarrista di Ozzy Osbourne), attacco amplificatore e distorsore e torturo chitarra e padiglioni auricolari (con le cuffie ovviamente, non perché tenga ai miei vicini, semplicemente perché con tutto l’impegno possibile non riuscirei mai a fare più rumore di loro). Una sera, invece, guardavo l’ennesimo servizio in tv sulla “invasione” dei “profughi”, e le ennesime dichiarazioni insulsamente ideologiche da destra e da sinistra. Ho acceso il computer e ho scritto di getto un capitolo. Non sapevo neanche io cosa stavo facendo, trascrivevo semplicemente le parole che mi arrivavano da qualche parte. Poi più niente per mesi. Improvvisamente, in un momento di quasi burnout lavorativo, quelle righe mi hanno richiamato. Due notti insonni e “Terzo settore in fondo” era finito. Nessuno crede agli scrittori quando dicono di aver iniziato a scrivere per se stessi, senza nessuna idea di pubblicare qualcosa. Eppure è vero, almeno nel mio caso. Volevo tirar fuori vecchi ricordi, vecchie esperienze, e parlare di temi che conoscevo in modo schietto, senza mediazioni, e senza dover pesare le parole come sempre. In maniera ironica; perché questo è il mio modo di vedere la vita, e perché credo che sia molto più efficace denunciare ‘sfottendo’ che riempiendo pagine di dati, considerazioni e magari insulti. Poi ho trovato due persone sufficientemente folli per i miei gusti, Tiziana e Ugo. E una ancora più folle come Rossella che ci ha fatto conoscere. Ed eccoci qui. Pronti stavolta a concluderlo davvero questo percorso».