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  • Zero

    «... e questo è tutto». L’uomo smise di parlare. Con calma professionale focalizzò lo sguardo sui partecipanti, registrando i primi borbottii di assenso, i gesti nervosi di mani che invocavano domande, le bocche che masticavano dubbi, gli occhi abbassati. In mano teneva ancora un foglio. Il suo stratagemma era stato ricorrere a quel supporto antiquato, la carta, per dare voce alle

    ragioni del futuro. Aveva subito ottenuto attenzione, rispetto, silenzio partecipato, perché il richiamo al passato era in sintonia con quella riunione d’altri tempi. Un’aria di segretezza carbonara, una ventina di persone raccolte in una stanza, faccia a faccia, nessuna connessione, nessun multivisore, ciascuno costretto a guardare le cose da vicino,

    un distillato di menti riproduttive che cominciava ad avere paura della sterilità. Avevano seguito il discorso con facce gravi, solenni, e adesso era il momento della riflessione, delle decisioni conseguenti, della direzione da imboccare. Alcuni rilessero mentalmente la relazione appena ascoltata. «Cari amici...»

    Uno

    Immaginate che in televisione abbiano appena letto il numero vincente della lotteria, e voi ve ne stiate con il biglietto in mano davanti allo schermo, tremolanti e sbiaditi anche a voi stessi, come se tutto, intorno, stesse vacillando e neppure la presa delle dita sul biglietto potesse rassicurarvi di essere svegli, perché è troppo bello per essere vero...

    È tutto un maledetto copione da film rosa con finale sdolcinato ed eclatante... siete in possesso del biglietto appena estratto, voi che avete debiti da sommergere un’isola, voi che siete stanchi di vivere una vita di sonni brevi, proprio voi che credevate di essere al capolinea esistenziale, voi adesso siete plurimiliardari... Stanno leggendo

    l’ammontare della vincita, impossibile immaginarla sotto forma di mazzette e banconote. Una cifra esentasse, ovviamente. Poi sentite che il cuore sta di nuovo pompando sangue, e da sbiaditi diventate elettrici, una tempesta di corrente vi attraversa e arriva al cervello, i pensieri riprendono caotici per poi fondersi in un unico stato di non pensiero che precede l’urlo belluino

    di gioia. State urlando fino a strozzarvi, e adesso vi mettete a correre per casa, cucina-corridoio-camera da letto, bagno-corridoio-soggiorno, soggiorno-cucina e ancora bagno. Trovate uno specchio e voi riflessi nella vostra euforia smarrita. Ancora non ci credete che avete vinto, ma quel biglietto parla chiaro. Sono sei numeri che cantano miliardi, li avete controllati due, tre volte

    mentre li rileggevano in multivisione, li avete perfino annotati sul primo pezzo di carta che vi è capitato di trovare, avete letto e riletto prima di esplodere dentro e di far arrivare in superficie il botto. È quello, il biglietto. Una probabilità su miliardi, tante volte nella vita ci avete pensato, l’idea di vincere, di assomigliare a un uomo predestinato, ma mai una volta che ci

    abbiate creduto veramente. Eppure sempre a comprare biglietti, come se fosse un tributo da pagare al destino, una misteriosa tassa sulla buona sorte che sceglie sempre qualcun altro. Adesso l’altro siete voi. Ma come può essere? Unico tra milioni... Poi il riferimento alla tassa sulla buona sorte vi fa venire brutti pensieri, incrina il vostro entusiasmo, siete

    sempre davanti allo specchio ma avete perso il sorriso folle del vincitore, ora siete oltre lo specchio, guardate un punto indefinito che è solo nei vostri pensieri, sempre più neri, duri, pessimistici... Capite che questo non è nient’altro che un sogno, e che lo state pagando caro. Secondo dopo secondo, minuto dopo minuto, una macchina sta prosciugando la vostra vincita

    immaginaria, e al risveglio vi presenterà il conto. Dovete fermarvi, o le tasse vi rovineranno. Il fisco si sta mangiando solo l’illusione di una vincita, e allora bisogna interrompere il sogno, fermare il contatore della macchina, ma i pizzicotti non bastano, voi continuate a vedere nello specchio il riflesso di un uomo alla deriva di un incubo, niente vi risveglia, neppure l’acqua che

    adesso vi state gettando in faccia, gelida come quella che esca da un rubinetto reale di una casa con il riscaldamento sospeso. A questo punto vi precipitate fuori dal bagno e correte di nuovo nel corridoio, perché avete capito che c’è un modo sicuro per chiudere i conti, basta solo raggiungere il soggiorno, spalancare la finestra e volare verso il risveglio. Così correte verso la

    finestra... si apre a fatica la maledetta... è un’affannosa pressione sul vetro alla ricerca della maniglia, fino a quando vi accorgete che non c’è alcuna maniglia, e allora premete il tasto per l’apertura automatica, e la finestra si spalanca, l’aria vi investe con uno schiaffo primaverile, il vuoto si apre e voi vi ci buttate dentro con la leggerezza del volo. Adesso è una caduta vertiginosa che moltiplica i

    piani, li vedete scorrere come un film riavvolto in fretta, abitate al quinto piano ma sembra di precipitare da un grattacielo. D’altronde è così che le cose funzionano in sogno, non c’è logica, solo percezione distorta e incoerente dei vostri desideri e delle vostre paure. State per frantumarvi sull’asfalto e già pregustate il vostro risveglio. Poi arriva un flash

    di dolore immenso e non vi svegliate più. Avete immaginato? Vi sembra poco credibile? Io ancora non ci credo, eppure è accaduto veramente. Parlo del tizio che ha vinto alla lotteria e si è suicidato perché era convinto che stava sognando, e non voleva pagare troppe tasse. Così ha raccontato la moglie, anche se in televisione dicono che è una ricostruzione poco

    convincente, attribuibile allo stato di choc della donna. Insistono sulla morte accidentale per eccesso di slancio euforico. Il tizio avrebbe gioito vicino alla finestra, si sarebbe sbilanciato e puf... fine. Ma io diffido sempre dei condizionali, e sono portato a credere alla moglie. Del resto, avete mai visto il potere condannare se stesso, avvalorando resoconti che

    ne danno la peggiore immagine? Siamo arrivati a questo. L’inimmaginabile è qualcosa di orrendo che ci colpisce ogni giorno.

    Memorie di un sognatore abusivo

Memorie di un sognatore abusivo

Collana: Dissensi

ISBN: 9788896350072

Disponibilità: Ottima

Prezzo: 14.00 

L’autore mette a nudo, in ridicolo, le strategie di un potere che si mimetizza da contropotere per far fronte alla crisi

Potrei fare il gangster. Vivere rapinando banche prima che ci pensino i loro presidenti. Rubare ai ricchi per dare a me stesso. In fondo sarebbe un modo onesto per liberarmi della schiavitù di un lavoro che altri hanno scelto per me. E poi che cos’è un ladro se non un sognatore in fuga? Nessun desiderio è mai abbastanza, nessun cambiamento all’altezza. Il sogno chiede la latitanza per essere afferrato, una vita in penombra, sonnolenta di giorno, attiva e vorace al buio. Sì, fare il ladro, ecco l’alternativa. Da dove potrei iniziare?

«Io sogno troppo e, in una Comunità dove i sogni sono tassati, questo significa essere nei guai. Lavoro per quattro soldi e neanche mezza sicurezza, eppure sono un grande contribuente. Nessun modo di fregare il fisco. Ti devi sistemare le ventose prima di addormentarti, e se non lo fai il microchip sottocutaneo segnala alla polizia onirica lo stato di sonno non connesso. Il resto lo fa la macchina collegata, giunta alla sua diciannovesima versione, e quindi ribattezzata x-19. Rivela numero e qualità dei sogni, li trasmette alla Centrale onirica, e ce li restituisce sotto forma di imponibile. Questa notte, per esempio, ho fatto due sogni di categoria A e tre di categoria B. Sono le aliquote più alte».

L’anno è il 2035: il governo impone una tassa sui sogni dei cittadini. L’IVO (Imposta sul Valore Onirico) colpisce i sogni dei poveri per esentare l’insonnia dei ricchi. Ma c’è chi si ribella. E se cambiare il mondo finisce per essere la vera illusione, l’anelito alla libertà riesce a sopravvivere solo grazie al sogno che alimenta la speranza.

Paolo Pasi (1963, milanese) è giornalista alla Rai. Ha vinto due volte il premio giornalistico “Ilaria Alpi” e, nel 2005, il premio “Giallomilanese”. Per Edizioni Spartaco ha pubblicato oltre a Memorie di un sognatore abusivo anche il romanzo Il sabotatore di campane, la raccolta di racconti E il cane parlante disse bang e il romanzo L’era di Cupidix.  Nel novembre 2000 ha esordito con la raccolta di racconti Ultimi messaggi dalla città (ExCogita di Luciana Bianciardi, prefazione di Dan Fante). Altre raccolte di racconti, sempre pubblicate da ExCogita, sono Storie senza notizia e Le brigate Carosello (con prefazione di Fernanda Pivano). Il suo primo romanzo L’estate di Bob Marley è stato pubblicato da Tullio Pironti Editore nel 2007. Paolo Pasi è anche chitarrista rock.

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Recensioni

• «… uno dei migliori romanzi futuribili italiani degli ultimi anni» (Gianfranco de Turris, Il Giornale)

• «…un coktail dove Zavattini sembra andare a braccetto con Orwell e Cronenberg» (Marco Cicala, la Repubblica)

• «…una distopia scorrevole e beffarda» (Simone Bertelegni, Corriere della Sera)

• Finalista tra i quattordici libri del 2010 della trasmissione cult diRadioRai3 Fahrenheit.

Memorie di un sognatore abusivo recensito dalla rivista A memorie sognatore abusivo rivista A

Memorie di un sognatore abusivo recensito sul quotidiano di informazione cultirale  on line “Cultura a colori

Memorie di un sognatore abusivo recensito da Il Venerdì di Repubblica Venerdi Repubblica

Memorie di un sognatore abusivo recensito dalla rivista Pulp Pulp n84_Memorie di un sognatore abusivo

Memorie di un sognatore abusivo recensito dalla rivista on line Culturificio