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  • «Ti ho fatto venire dalla Cheronea per una ragione precisa. Mi necessita il tuo apporto di scrittore, biografo e storico». «È un onore essere al palazzo imperiale di Roma. Desideri che narri le tue imprese in Dacia?». «No. C’è già chi ci sta lavorando. Verranno incise nel marmo, raffigurate su una colonna. Voglio che tu scriva di un mio conterraneo, per certi aspetti. Credo che tu

    conosca la figura controversa di Sertorio». «Sertorio... Ho letto la sua storia in Sallustio. Risaliamo a quasi duecento anni fa. Per molti è stato un rinnegato, un traditore, ma per altri, per lo stesso Sallustio, un vero romano, illuminato e sfortunato. Fu lui a guidare la ribellione delle Spagne contro Roma». «Il tuo punto di vista?». «Coincide con quello di Sallustio e, da

    quanto ho capito, anche con il tuo. È strano però...». «Che cosa?». «Che tu, ottimo principe, mio Traiano, voglia rivalutare un personaggio ancora in odore di sovversione contro Roma. Capisco Sallustio, lui non poteva che sostenere le ragioni di Sertorio. Era dalla sua parte. Sertorio era un democratico...». «... e io sono un conservatore, lo so. Non per questo

    mi mancano il senno e la capacità di comprendere i fatti della Storia». «Perciò tu vuoi...». «... che di Sertorio sia riscritta la vita, siano raccontate le vicende personali, siano riportate le imprese. Ho un preciso interesse: appurare le matrici gloriose, anche se tragiche, di quelle che una volta erano periferie dell’impero, ma che oggi sono parte costitutiva della istituzione romana.

    La Spagna, la mia Spagna, mia e di Seneca, di Marziale, del mio erede Adriano, è ormai Roma». «Ma...». «Sei ancora perplesso?». «Lo sono». «Perché?». «Intravedo un rischio». «Quale?». «La ripetitività. Esiste già l’opera apologetica di Sallustio». «Repetita juvant. E poi il testo di Sallustio è ormai datato. Ha circa centocinquanta anni. A me interessa qualcosa di più

    fresco. Qualcosa che ricordi il sacrificio di un romano, il suo cimento. Acuto Plutarco, ho letto alcune delle tue Vite parallele. Mi hanno colpito. Sei un maestro nel rielaborare la Storia in piena libertà. Sai esaltare il tragico e l’umano». «Ma perché proprio Sertorio? perché un uomo tanto nobile quanto compromesso?». «Perché sono state rinvenute

    antiche pergamene che contengono, in nitidissima lingua greca oltre che in latino, non pochi episodi, aneddoti e imprese di Sertorio. Le memorie di una vita. Quasi per intero. Dalla sua infanzia fino alla vigilia della tragedia conclusiva». «In lingua greca hai detto?». «Esattamente. Nella tua lingua». «Ciò significa che, prima di Sallustio, Quinto Sertorio ha avuto un suo

    biografo. Un greco. Una scoperta a dir poco sorprendente». «Il fatto sorprendente è un altro». «L’autore, immagino». «Immagini bene». «Chi?». «Sertorio stesso. Prima che uomo d’armi era stato oratore. Abilissimo. E come buona parte dei praticanti retori aveva fatto del greco la sua seconda lingua. Era colto e sensibile al richiamo del mondo ellenico». «Un’autobiografia,

    dunque». «Per certi aspetti ricorda i Commentarii di Cesare, per altri se ne discosta del tutto. Nel rifiuto della impersonalità, per esempio. Sertorio rigetta l’uso cesariano della terza persona. Parla in prima. Il vero protagonista è il suo ego». «Intuisco che si tratta di un materiale vasto». «Dovrai sfrondarlo degli elementi soverchi. Prendi le pergamene, leggile, studiale a fondo;

    poi fanne un’epitome, un compendio, puoi affiancarci anche la storia di un qualche altro condottiero greco; segui lo schema delle tue Vite parallele, Plutarco. Non ti chiedo di mutare il registro delle tue intenzioni biografiche. Sii te stesso... Bene, finalmente ti vedo sorridere». «Sì, ottimo principe, la figura di Sertorio mi ha sempre affascinato. Ora, il Caso mi

    ha collegato a lui: sa mirare e colpire. Anche a distanza di duecento anni». «Il Caso non è cieco». «Il Caso no. Ma Sertorio sì. A metà. Perse un occhio in battaglia. La sorte a volte si diverte a sfregiare gli uomini più validi. Alcuni tra i condottieri più famosi erano monocoli. Filippo, Antigono, Annibale». «Non tutti i grandi condottieri sono o sono stati privati della vista. Alessandro,

    Cesare, chi ti parla, per esempio». «È vero, Traiano. Ma questi che tu hai nominato, senza ombra di dubbio i più grandi della Storia, non hanno mai operato on l’insidia, almeno non quanto gli altri che ho appena citato. Forse perché l’insidia, per una sorta di corrispondenza al contrario, ha molti occhi. Tu sei un campione dello scontro frontale, in campo aperto. Sertorio fu

    il primo nell’arte della guerriglia».

    Le pergamene di Sertorio

Le pergamene di Sertorio

Il romano che sfidò Roma

Pubblicazione: 4 maggio 2017

Collana: Dissensi

Pagine: 384

ISBN: 9788896350645

Disponibilità: Ottima

Prezzo: 14.00 

«Uno dei più grandi uomini, se non il più grande...» Theodor Mommsen

Sembra la mia donna, la guerra. Una donna fedele, gelosa, che ama me ma ama anche i miei nemici, che non mi lascia alcuno spazio di libertà e di scelta. Ed è questo forse che mi affascina di lei: mi prostra e mi attrae. Sbaglia chi dice che la guerra è un mondo di maschi. La guerra è la più bella e la peggiore delle prostitute, è perfida, conosce la malignità del tradimento. Agita le acque e la vita.

Traiano convoca a palazzo Plutarco: in Spagna sono state rinvenute alcune pergamene preziose perché scritte di proprio pugno dall’oratore e condottiero Quinto Sertorio. L’imperatore incarica lo scrittore e storico greco di mettere ordine in quei documenti risalenti al I secolo avanti Cristo, sfrondando e limando, per restituire dignità a un grande uomo di Stato condannato all’oblio. E così, attraverso un’autobiografia, Sertorio in prima persona racconta gli avvenimenti drammatici e affascinanti della sua vita: il legame con la madre e il pedagogo Filostrato, l’educazione rigida, gli studi, le amicizie, l’amore bruciante per Flavia, l’affermazione come oratore nella Capitale. Vicende familiari ed episodi di vita pubblica si intrecciano, sullo sfondo di una Roma spaccata in due fra popolari e aristocratici. Con la dittatura di Silla, al democratico Sertorio non resta che superare Alpi e Pirenei fino alla terra dei suoi antenati materni. Proprio qui l’eroe di Aquae Sextiae, orbo di un occhio, acclamato dal popolo come un nuovo Annibale, diverrà un ribelle contro l’Urbe dando ai suoi partigiani, iberici e non, usi e istituzioni romane, con l’intento non di abbattere la Repubblica, ma solo la corruzione che in essa si annida. Inferti gravissimi danni agli eserciti di Metello e Pompeo, alla fine cade vittima del tradimento. Storia, leggenda e invenzione letteraria si fondono in un libro avvincente. Personaggio straordinariamente attuale, Quinto Sertorio nei Paesi iberici è tuttora ritenuto un eroe nazionale ed è oggetto di saggi e racconti. È tempo che la sua figura sia riscoperta anche in Italia.

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Recensioni

Le Pergamene di Sertorio recensito su La Lettura inserto culturale del Corriere della Sera

 

 

 

 

 

 

 

Le pergamene di Sertorio recensito su Il Giornale

 

Il Giornale recensione Daniele Abbiati Le pergamene di Sertorio

Le pergamene di Sertorio recensito da Elisabetta Favale su Linkiesta

Le pergamene di Sertorio recensito su CriticaLetteraria

Intervista a Nelson Martinico sul romanzo storico “Le pergamene di Sertorio” sulle colonne di Il Romanista

 

Le pergamene di Sertorio recensito su Il Giornale di Sicilia

Le pergamene di Sertorio recensito su Senzaudio

Le pergamene di Sertorio recensito su BipolArt.it

Le pergamene di Sertorio recensito su Lettore di Provincia

Le pergamene di Sertorio recensito su Mangialibri