Spagna 1936, per sette mesi un sogno di giustizia e di libertà sembra avverarsi. Storia e leggenda si fondono nelle pagine di Rabinad, attraversate da personaggi come Hemingway, Malraux, Durruti, il generalissimo Franco. Ma soprattutto Juana, la suora anarchica, e le sue compagne miliziane. Con lo scoppio della guerra civile, la giovane religiosa si unisce al gruppo libertario Donne Libere, insieme a operaie e prostitute. Prima a Barcellona e poi sul fronte di Aragona partecipano al breve periodo di euforia in cui poveri e diseredati si ritrovano al potere: un nuovo ordine che prima gli stalinisti e poi le truppe di Franco revocheranno con le armi, cancellandolo dalla memoria della società spagnola. Da La suora anarchica è stato tratto il film Libertarias di Vicente Aranda con Victoria Abril e Miguel Bosé.
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PRIMO EPISODIO - Una colomba tra le cagne
Pregava, correva. Fin quando avesse potuto pregare, non le sarebbe successo niente. Sulle sue labbra palpitavano i padrenostro e le giaculatorie: «Anima di Cristo, salvami». Le strade del paese, paralizzate dalla paura – porte chiuse, persiane abbassate –, sembravano deserte. Si scorgevano solo loro tre. Un paio di metri più avanti, stranamente agili,
correvano le altre due, la madre vicaria, sulla cinquantina, e la sorella addetta alla ruota, una ragazzona di trent’anni. Solo lei, la più giovane, restava indietro, senza fiato, stringendo tra le mani il fagotto di panni che le aveva consegnato all’ultimo istante suor Natividad, la superiora: «Sacro Cuore, mi rimetto a te». Correva, pregava. Con il pensiero si trovava di
nuovo nel convento, nelle orecchie le risuonavano ancora le voci delle sorelle, le vedeva tutte in fila, lei per ultima, nella sala capitolare, e suor Natividad, insieme alla vicaria, che sosteneva un vassoio, le passava in rassegna fermandosi davanti a ognuna, prendeva un sacchetto dal vassoio e lo appendeva al collo della sorella, mentre pronunciava il suo nome:
— Suor Amparo... Suor Visitación... Suor Patrocinio... Parlava in modo calmo e deciso, come un buon generale con le sue truppe nel momento del pericolo: — Non è molto, ma basterà a farvi riunire con le vostre famiglie... Partirete immediatamente. Uscirete dal cancello del giardino, due per volta, a intervalli di cinque minuti. Che ognuna si scelga una compagna...
Poi aggiunse, con un altro tono, come per se stessa: — Quando sarete in strada, il buon Gesù nella sua misericordia vi suggerirà quel che dovrete fare. A lei, quel «partirete immediatamente» fece l’effetto di una bastonata. Partire? Ma come? E verso dove? La sua casa le appariva lontanissima, come se la vedesse in fondo a un buco nero; un’immagine attraente,
luminosa, ma reale solo nella sua memoria. Fuori risuonavano scariche sinistre; e, nelle pause, il silenzio risultava ancora più opprimente dei colpi. Dal chiostro arrivava l’odore di fumo delle chiese «che stavano bruciando», dicevano. Era come se una belva multiforme, squamosa, un drago dall’alito di fuoco e le ali membranose, come quelli che popolavano le Vite dei
santi, la attendesse per divorarla non appena avesse messo la testa fuori di là. Partire? Ma intanto le altre, meno timorose, eccitate, quasi si trattasse di un gioco, replicavano: — Madre, dobbiamo uscire così? Ci scopriranno subito: i nostri vestiti, i capelli... Suor Natividad batté le mani, richiamandole al silenzio. — Calma, calma. Abbiamo pensato a tutto... Laureano! E subito apparve
il giardiniere – un vecchietto quasi centenario, con sandali e divisa nera, piccolo, ma con vivaci occhi di tartaruga – spingendo una gran cesta, che, una volta aperta, si rivelò piena di vestiti e cappelli. — Scegliete pure — disse la superiora. La fila si ruppe in uno sfarfallio di tonache: le sorelle prendevano i vestiti, ne misuravano la taglia; si toglievano il velo lasciando
scoperti i capelli, tagliati a sforbiciate; provavano i cappelli, chiassose, infantili, come in un gioco di travestimenti. — Suor Juana... La superiora si era fermata davanti a lei. Sfiorandole il mento con la mano, si girò un momento a osservare le altre, senza tristezza, senza timore – semplicemente uno sguardo lontano –, mentre le appendeva il sacchetto al collo. — La più giovane, la
più indifesa, la più lontana dai suoi... — sospirò. — Vorrei aiutarti, ma non so in che modo. Devi accettare senza scoraggiarti questa insolita prova che Dio ti ha inviato. Lui disseminerà di segnali il tuo cammino. Il volto di suor Natividad si era trasfigurato, come se stesse pronunciando una profezia: un volto di madreperla, molto dolce, pieno di rughe sottilissime
, come una porcellana antica, che suor Juana vide, all’improvviso, molto da vicino; forse stava cadendo in estasi: le sembrò che la luce si facesse più intensa e che l’aria, impregnata di fumo, si riempisse di suoni celestiali. — Sii semplice come una colomba e prudente come un serpente — le diceva suor Natividad. E lei, nonostante la commozione, mormorò: — San Matteo, 10, 16,
madre. — Che Dio ti preservi questo dono, figlia mia — la superiora sorrise. — Ho sempre pensato, vanitosa che sono, che saresti diventata l’orgoglio di questa casa. Ma il Signore ha voluto altrimenti. Si voltò verso le altre. — Svelte! Svelte! Il tempo stringe... — E voi, madre, che farete? – ebbe il coraggio di domandare suor Juana. — Io resto qui fino alla fine; una superiora
non abbandona il suo convento... — Lasciatemi restare! E fu allora che la sorella addetta alla ruota, quella che adesso le corre davanti, irraggiungibile, si mise a gridare «Madre! Madre!», con la faccia alterata dal terrore, «Sono già qui!». Intorno a lei ci fu un aaaahhh generale, una pallida esalazione di paura, e tutte si mossero come in un sogno nell’atmosfera ovattata, avanzando, senza
muoversi, in tutte le direzioni. La mano della superiora si contrasse sulla sua spalla come un artiglio, le era così vicina che poteva sentirne l’alito. — Cancella la memoria... Sigilla i pensieri... Uccidi la volontà... E non distruggere il patto di purezza con Gesù: solo in questo modo potrai impedire che il Nemico si impadronisca di te, solo così riuscirai a raggiungere i tuoi...
e adesso, addio! Corri, corri, vattene! — Per favore — supplicò di nuovo. — Lasciatemi rimanere! — ... vai! E corre per la strada in salita, spicca il volo; l’odore del fumo è sempre più forte, sente già il crepitio (o sono spari?) dell’incendio, gli scoppi del legno che brucia, quando inciampa sull’involto dei panni che è scivolato per terra e va a sbattere contro il selciato. Alza la testa, stordita,
e da lì vede le sorelle, come due palle salterine, raggiungere l’incrocio, e vede anche, mentre spunta da dietro l’angolo, la Belva. È un uomo altissimo, un gigante con la camicia rossa e i pantaloni strappati. I suoi capelli sono ispidi come nidi di serpenti; gli occhi scintillanti; la faccia scura, minerale, non umana. Impugna un fucile, una striscia di cuoio gli
attraversa il petto. L’uomo avanza facendo salti, capriole selvagge, sparando in aria, posseduto da un’allegria animale. Urla qualcosa, ma la sua voce è così rauca che le grida risultano incomprensibili: è un ruggito cavernoso, sincopato. E molti altri lo seguono, vociferanti, inumani, allegri. In un attimo circondano le monache. Ridono. — Ehi,
monachelle, dove andate? La vicaria e l’addetta alla ruota, srotolando il loro fagotto di stracci, cadono in ginocchio con piccoli gemiti di terrore, già violentate, sgozzate prima del tempo, mentre lei con un salto si rifugia dentro un androne; si infila dietro il portone, ansima, respira ragnatele, annusa cacca di gatto. Poi sente: — Su, su, alzatevi, che non siamo mica Gesucristo.
— La rivoluzione rispetta le donne, anche se appartengono al clero. — Vi porteremo a vedere la cattedrale. Sta bruciando proprio bene, vedrete... E poi ancora: — C’era un’altra monaca da quelle parti...
La suora anarchica
La suora anarchica
traduzione di Luca Rossomando
«... la storia di una azione in guerra con se stessa, una guerra lunga e sanguinosa che si concluderà con la dittatura franchista» - AdnKronos