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  • Ho cominciato la vita di narratore dopo l'incontro con il saggio dal collo di struzzo seduto sotto una tettoia di rami di palma a contemplare i camion di passaggio sulla strada che taglia in due il nostro villaggio. Vestito d'una "gandura" tessuta con la finezza delle ragnatele, non parlava alcuna lingua conosciuta nelle nostre regioni velate di neve in inverno, sferzate dal soffio

    della "geénna" d'estate. Non aveva lo sguardo spento dei vecchi e nessuno mai avrebbe saputo dire la sua età come se non ne avesse alcuna. Nel corso dei giorni trascorsi al suo fianco m'insegnò l'arte di far parlare le parole. È una scienza molto ardua per i profani e uno studente della mia condizione si sfiancava a riconoscere i segni senza perdersi in

    puerili controversie sul significato delle cose. Gli uomini sono fatti così. Giudicano solo l'apparenza e rifiutano di entrare nell'intimità dei misteri. Mio cugino Ahmed Bounaga, che presto avrà cent'anni e qualche luna, racconta che, ai suoi tempi, carovane andavano a cercare in capo al mondo saperi perduti e fiabe rubate alle nostre contrade da conquistatori armati di

    reti dalle maglie così fitte da catturare anche il bisbiglio di una donna al suo uomo nel profondo della notte. Sostiene addirittura, e senza che nessuno lo smentisca, che avevano ammansito l'anima innocente degli animali e i loro versi intimi. Questa scienza raffinata della caccia mi ha lasciato tanto perplesso da vedere nel saggio dal collo di struzzo l'ultimo

    rappresentante delle valorose tribù oggi estinte. Sarebbero scomparse solo ai nostri occhi, afferma una voce, ma devo arrendermi all'evidenza. I camion che attraversano il nostro villaggio non sono che meschine macchine destinate a trasportare bestiame e operai ai campi petroliferi che fiancheggiano il limite sud dell'altipiano. Come imparare ciò che sono

    diventati i saperi perduti e le fiabe se il saggio non parla più, se le notizie di questo mondo s'alimentano di dispute sanguinose e di partite o incontri che finiscono in risse vergognose, non sapendo più gli uomini appassionarsi a giochi pacifici? Dico questo per premura, perché non bisogna permettere che le sorprese siano annoverate tra anomalia e incoerenza.

    I ricercatori d'oggi si affannano a decriptare i discorsi, producendone loro stessi una considerevole quantità e rimettendo in discussione, consapevolmente o con villana malevolenza, l'opera levigata da generazioni di narratori nella solitudine delle loro speculazioni. L'esigenza primaria del nostro mestiere consiste nell'illuminare gli uomini con la descrizione di cose

    veridiche, come l'esistenza dei dragoni a sette code o della cammella che la stella polare guida sulle piste del paese dei diavoli verdi e rossi. Di veritiero c'è solo la verità rivelata, e chi non ha testimoni è un bugiardo. Ho sempre avuto lo scrupolo di verificare personalmente l'autenticità delle rivelazioni che mi sono state fatte. A malincuore, ho dovuto togliere dal repertorio

    l'evocazione, pur così bella del mare che copriva il deserto. Nessun testimone degno di tal nome ha potuto dimostrarmi come una fenomenale quantità di pesci e liquido fosse scomparsa senza lasciare tracce. Gli studenti che tornano dall'università mi ridono in faccia, ma tengo duro. Imparano mediocri lezioni dalle lavagne e frequentano professori così ignoranti da

    ammettere che l'uomo è andato sulla luna. Ci si chiede come un equipaggio, con arsenale e provviste, abbia potuto percorrere l'astro senza che fosse possibile vederlo. Diventa un imperativo metter fine a queste insulsaggini ricorrendo alle vere scienze che consentono a ciascuno di prendere coscienza dell'essere che è l'essere cosciente di sé. I narratori

    autentici evitano di dar vita a personaggi farciti d'inverosimiglianze. In città ho visto molte storie attraverso una scatola magica chiamata Latèle, scritte da autori che ci guadagnerebbero a frequentare il nostro caffè, per imparare a catturare i lettori invece di farseli rubare da quel mezzo di perdizione. Adesso, a rischio di stancare il pubblico, devo cominciare

    la narrazione. L'esperto avrà il vantaggio di rettificarne il corso e di correggerne gli errori se, per disattenzione, mi accadesse di dimenticare dettagli che giudica essenziali.

    La principessa del deserto di mezzo

La principessa del deserto di mezzo

traduzione di Alessandro Bresolin

Collana: Dissensi

Pagine: 116

ISBN: 9788887583489

Disponibilità: Buona

Prezzo: 13.00 

Skif dà voce alla gente del suo paese. Tutto ciò viene raccontato con tale sarcasmo che al lettore rimane il riso soffocato in gola - Amnesty International Journal

Uno stile paradossale e onirico; un dramma reale (gli eventi algerini contemporanei) descritto con una fantasia surreale, con la convinzione che «i fanatici non sopportano che si rida di loro». Con il linguaggio poetico dei cantastorie, l’autore delinea personaggi simbolici, come il «dittatore Bazooka». Le storie del protagonista-narratore raccontano le vicende della principessa ninfomane Selma, andata in sposa a un teologo fanatico che semina il terrore nel regno con l’aiuto di petrolieri e voltagabbana. Le sue «crociate» hanno come bersaglio le mosche, i cani e le donne, tutti «espressione del demonio».

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Recensioni

• «… Skif scrive con istantanee visionarie, con parabole simili a incubi in cui s’incontrano orrore ed esaltato umorismo… » (Urs Jenny, Der Spiegel)

• «…un’immagine poetica per descrivere il conflitto tra libertà e oppressione» (Gert Heidenreich, scrittore, ex presidente Pen Club Germania)