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  • Anna aveva poco più di tredici anni. Non conosceva l’amore. Sulla fronte, in mezzo ai capelli corvini, spiccava una ciocca bianca che la faceva sembrare più donna di quanto fosse in realtà. Gli occhi di un azzurro profondo illuminavano il viso regolare. Non si truccava, a casa non glielo permettevano. Le bastava un foulard, una spilla, un fermacapelli per esaltare

    la sua eleganza naturale. Lui la vide mentre era fermo davanti a un bar, poggiato alla fiancata della fuoriserie che il padre gli aveva appena comprato. I suoi amici fischiarono all’indirizzo della ragazza che in paese consideravano una miss, la più bella. Lui rimase silenzioso. Ma decise in quell’istante che Anna sarebbe stata sua. La più bella del paese non poteva

    che essere sua. Salì in macchina e la raggiunse per offrirle un passaggio a casa. Anna non rispose al suo invito così disinvolto, così diretto, e affrettò il passo, seguendo le sue compagne di scuola. Lui insisteva, metro dopo metro. Anna, lusingata, accettò. Si fece lasciare all’angolo, perché i genitori non potessero vederla. Il giorno dopo, l’altro ancora e quelli successivi, Lui

    l’aspettò davanti alla scuola. Fino a quando non le disse: «Sei la mia ragazza». Le diede un bacio. E Anna ricambiò. Frequentava solo la terza media, non sapeva nulla della vita e di quello che le avrebbe riservato, eppure non le importava. Le attenzioni di quel ragazzo, appena maggiorenne, bastavano a farla sentire diversa. Era come se fosse cresciuta di colpo.

    «Sì. Sono la tua ragazza» rispose sorridendo. Era la sua prima cotta, niente di più. Una storia come quelle che leggeva sulle riviste, leggera come un alito di vento, che sarebbe potuta finire il giorno dopo. Certo Anna non pensava a un fidanzamento e tantomeno all’abito bianco. Il suo piacere cominciava e finiva nel semplice fatto di avere un ragazzo accanto, un ragazzo che andasse

    a prenderla a scuola con la spider, un ragazzo che suscitava l’invidia delle sue amiche, un ragazzo che attirava gli sguardi d’odio dei coetanei che possedevano soltanto un motorino. Lui aveva i capelli castani, lisci, gli occhi nocciola. Non era molto alto, sfiorava il metro e settanta. La bocca piccola, le mani tozze, le dita corte. Era ricoperto d’oro: portava

    un braccialetto al polso accanto a un Rolex, una catena massiccia al collo e una più piccola, che terminava sul petto villoso con una medaglietta raffigurante san Pio con due diamanti al posto degli occhi. In quelle settimane, era stato gentile, premuroso con Anna, a dispetto della sua fama di giovane irascibile e violento. Non era il massimo, l’uomo

    dei sogni, ma non lo trovava brutto. E poi possedeva quell’auto, e la sua famiglia godeva del rispetto di tutto il paese. Per Lui i soldi non erano un problema. Ad Anna piaceva essere ammirata e pensava che, tutto sommato, farsi vedere assieme a un uomo «di rispetto» poteva farle chiudere un occhio su quella ricchezza ostentata che a volte la imbarazzava. A Lui mancava quel tocco,

    il non so che capace di trasformare una persona ben vestita in una di classe. Per essere all’altezza, Anna la mattina si alzava prima, si preparava con cura e cercava di sembrare un po’ più grande della sua età. Nel giro di qualche mese, forse Lui avrebbe incontrato un’altra donna e lei un ragazzo più affascinante. Per ora andava bene così: i suoi completi pacchiani

    ma firmati, le passeggiate, qualche bacio furtivo. L’auto, pensava Anna, quella sì che era una cosa importante. Lui le cambiava spesso perché la sua famiglia ne possedeva più di una. A lei piaceva la fuoriserie. Quando c’era il sole, scioglieva la lunga treccia e i suoi capelli neri si mischiavano al vento. In quei momenti si sentiva una star, padrona del mondo. Spesso si chiedeva

    se questa sua storia fosse amore. Quello vero, lo intuiva, era qualcos’altro. L’amore non ha bisogno di sfoggiare vestiti, denaro, automobili di lusso. L’amore è amore. E basta. Aspettando il sogno, si accontentava di un’illusione. Rimaneva a bocca aperta quando Lui le raccontava delle serate trascorse nei locali eleganti e alla moda. Pagava conti salati, e pagava per tutti.

    Il suo portafogli traboccava di banconote e sembrava incurante di spenderle tutte. Le parlava spesso di queste cene quando passava a prenderla. Le descriveva ogni circostanza nei minimi particolari, che cosa aveva mangiato, che cosa aveva bevuto, chi aveva visto. Frequentava anche un night esclusivo in una città vicina. Anna l’aveva sentito nominare più volte nei discorsi

    degli adulti. Per questo, di quelle notte folli, le piaceva ascoltare persino i dettagli che, il giorno dopo, riportava puntualmente alle sue amiche, in bagno o durante la pausa fra una lezione e l’altra. Diceva di aver ballato, di aver bevuto champagne e di essere tornata a casa all’alba. Forse non le credevano. Ma notò che le compagne di classe erano passate dall’invidia all’ammirazione.

    Ai loro occhi era diventata una donna vissuta. Lui viaggiava spesso. «Vado al Casinò» le diceva. Oppure sosteneva di dover concludere affari all’estero: Francia, Spagna, Portogallo, Germania. Una volta si era trattenuto negli Stati Uniti per una settimana. Al ritorno, le portava souvenir dei posti dov’era stato, in genere una bambolina con gli abiti tradizionali. Pupazzetti tutti

    uguali, fabbricati in Cina. Cambiavano solo il nome della città o della nazione. Le regalava anche cartoline illustrate perché non era un gran narratore. Ma ad Anna bastava sentir nominare Parigi, Montecarlo, Londra per salire sul cavallo della fantasia e cavalcare a briglia sciolta verso quei mondi inesplorati. Prima di partire, le donava un fazzoletto di seta,

    un gioiello d’oro o d’argento. Anna si sentiva a disagio. «Questi sono regali per una regina» si schermiva. Lui insisteva perché li indossasse senza timore e le ripeteva: «Tu sei una regina, la mia regina». I commercianti del paese lo ossequiavano. Sembrava quasi che ne avessero paura. Entrava nei negozi, faceva per pagare, nessuno accettava denaro da Lui. Si sarebbe accontentata di

    pensieri meno costosi, più semplici e spontanei. «I fiori sono per i morti» la apostrofò una volta quando, passando davanti a un fioraio, Anna avrebbe voluto fermarsi attratta da un mazzetto di ranuncoli rossi. Lui custodiva con cura un album di foto che lo ritraevano con personaggi famosi, per lo più del mondo dello spettacolo. Lo mostrava a tutti con orgoglio per

    menar vanto di conoscere divi apparsi in televisione o sui rotocalchi. «Con questo qui sono stato a pranzo» diceva con tono deciso, indicando un attore, in modo che potessero sentirlo non solo i suoi diretti interlocutori. Ad Anna mostrava, di tanto in tanto, un altro album con le foto che lo ritraevano con qualche uomo politico. Lo faceva con noncuranza: «Sono loro che hanno

    bisogno di noi, non noi di loro». Questi scatti, non li esibiva in giro. Un giorno, quando ormai erano trascorsi mesi dall’inizio del flirt, il padre della ragazza li sorprese lungo il corso principale del paese. Li vide passare in macchina. Anna diventò rossa dall'imbarazzo quando i loro occhi sembrarono incrociarsi. Cercò di nascondersi. Pensò di esserci riuscita, perché il

    padre aveva distolto subito lo sguardo dal suo. Lui aveva riso sonoramente, rassicurandola: «Tuo padre ne sarà felice». Ma Anna lo conosceva come un uomo tutto di un pezzo, molto severo, capace di redarguirla solo con gli occhi e raramente alzando la voce. Si sentiva legata al padre, da piccola desiderava stargli sempre accanto. Era trascorso solo qualche anno da allora,

    eppure sembravano secoli. Sapeva che i suoi genitori erano le persone migliori del mondo e non voleva deluderli facendosi scoprire con quel ragazzo. Aveva sempre pensato al giorno in cui avrebbe presentato al padre l’uomo della sua vita e aveva immaginato che sarebbero diventati immediatamente amici. Lui continuava a ridere in maniera sguaiata, con lo sguardo tagliente,

    mentre Anna cercava di spiegargli perché si fosse nascosta. Anna «sentiva» che il padre l’aveva vista e non riusciva a comprendere come mai avesse fatto finta di niente. Quando tornò a casa, non appena la porta si chiuse dietro di lei, senza proferire parola, suo padre si alzò dalla sedia e le diede uno schiaffo. Non era mai successo. Anche da bambina non aveva mai

    ricevuto un ceffone così violento, così carico di rabbia. Ciò che le fece più male fu il volto scuro e il silenzio tombale che accompagnò quel gesto. Anna scappò nella sua camera e si gettò sul letto in lacrime.

    L'isola dei fiori di cappero

L’isola dei fiori di cappero

Storia d’amore e di camorra

Collana: Dissensi

Pagine: 130

ISBN: 9788896350317

Disponibilità: Buona

Prezzo: 13.00 

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All’uscita di scuola, appena entrata in macchina, glielo disse: «Non dobbiamo vederci più. Io non voglio andare avanti...». Usò grandi parole per una piccola, insignificante storia. Anna pensava di poter chiudere così, senza problemi. Invece lo sguardo di Lui si fece feroce. Per istanti interminabili non disse nulla. Accelerò di colpo e continuò a guidare per chilometri a tutto gas. Fermò la corsa dell’auto all’improvviso, in una stradina di campagna. Si voltò verso di lei e le puntò una pistola contro la pancia: «Ti ammazzo».

Ha solo tredici anni, Anna, quando viene notata dal figlio del Boss. Attratta dalle automobili di grossa cilindrata, dai regali che riceve e dal rispetto che Luiincute, la ragazza accetta le sue attenzioni. Questo errore, dettato dalla vanità, si trasforma ben presto in una pesante catena che solo la passione profonda di uno studente di Giurisprudenza, poi magistrato, riuscirà a spezzare.

In L’isola dei fiori di cappero, una notizia di cronaca nera offre lo spunto per una travolgente storia d’amore raccontata da un attento osservatore di malavita organizzata. La trama, liberamente ispirata a vicende reali, finisce per diventare uno spaccato di quanto spesso avviene in certe zone del Sud e a volte anche nel resto d’Italia. Politici corrotti, la camorra che s’insinua nelle stanze del potere, guerre tra clan, attentati e raid omicidi, la paura che come una fitta cappa grigia soffoca la flebile voce di chi non ha la forza di ribellarsi. E poi la legge, che fatica a mettere ordine e che talvolta è costretta a calcare la mano per ottenere una giustizia parziale. Nessun eroe. Nessun vincitore. Solo una lotta per sopravvivere all’altro.

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Recensioni

“L’isola dei fiori di cappero” recensito dalla rivista Il Salvagente Faenza recensione Il Salvagente pag 64

“L’isola dei fiori di cappero” recensito da Angelo Lomonaco su Il Corriere del Mezzogiorno-Corriere della Seralomonaco

 

 

 

L’isola dei fiori di cappero recensito da La Repubblica

barrica

 

 

 

 

L’isola dei fiori di cappero recensito da La Lettrice Rampante

L’isola dei fiori di cappero recensito da OltreLePagine

L’isola dei fiori di cappero recensito da Elisa Barchetta per Bottega Scriptamanent

L’isola dei fiori di cappero recensito MyPoBlog

L’isola dei fiori di cappero recensito su Culturificio