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  • «Per questo l'amore si distingue dal rispetto. Infatti, il primo concerne l'individuo nella singolarità reale o immaginaria, mentre il secondo riguarda solo come individuo libero, capace di universalità. Per questo Kant... ». Dettiamo, resterà pur qualcosa. O nulla. Più probabilmente nulla. Vecchi appuntamenti dimenticati nel fondo di un cassetto in un fatale mese di giugno perpetueranno la

    maledizione che incombe su ogni traccia scritta. Che sollievo: spariranno tutte. Meravigliosa uguaglianza. Ognuno si consola come può, è vero. Ma dettando guadagno tempo sul serio, quasi la metà del corso. Santa segreteria prega per noi, fa che i nostri schiavi registrino i nostri ordini e ci lascino in pace. La bocca articola e la mente divaga. Se sapessero... Lo sanno? Sospettano le divagazioni

    del maestro? Per il momento, ricurvi, scrivono, sospirano, si sforzano. Ecco il santo lavoro: trascrivere. Impossibile pensare ad altro. Del tutto impossibile pensare, d'altronde. Quando rialzeranno la testa, la chiave del mistero sarà depositata, quella «cosa sulla morale», e che farne, come trovarci un senso... Arrangiatevi. Continuo, con il mio Kant, ci si chiede. Comunque

    contenti lo sono stati, di sapere che amore e rispetto sono due cose distinte, e che i vecchi, ebbene io lo sono, e a volte rimbambiti, non c'è ragione di rispettarli oltre a questo. Lo riferiranno ai loro genitori, mi hanno detto. Non dire troppo eh, non voglio averli tutti addosso, io. Signor professore che gli insegni l'irriverenza, non credi basti così, tu e l'irriverenza, chi pagherà se

    danno fuoco agli autobus? No, no, lo giuro, non gli insegno a incendiare gli autobus, anzi sono contrario, chiaramente. Sì, per favore, risparmiatemelo. Sono venuti, ci sono tutti, i trentacinque sfaccendati all'ultimo anno del putrido liceo Hippolyte-Taine, periferia nord di Bouville. Bouville, la sua industria saccheggiata, i suoi commerci sventrati, la sua

    arcifottuta periferia nord. Un posto fascinoso. La crisi è passata di qui e ogni cosa se n'è andata: il lavoro, il denaro, la vita o almeno quel che ne aveva l'aspetto. Restano, brutti assai, i figli della miseria. Me ne occupo io, con Kant. La miseria infonde nella gente un'aria angustiata. Certo, sono ignoranti e poco furbi, ma soprattutto angustiati. La testa di traverso, stretti,

    non possono girarsi. Non c'è abbastanza spazio. Sono così quei trentacinque, tutti storti, sgualciti, stanchi. Kant non li aggiusterà. Che copino pure. È ciò che fanno, va bene, va bene, piccini. Ah no, guarda, ce n'è una che non combina niente. La piccola Fatima, per la quale ho una certa simpatia. Invece di scrivere, ha la testa tra le mani. Dorme, ma pensa un po'.

    Mi avvicino, sempre biascicando le mie insulsaggini. E m'accorgo di quel che tutta la classe già sa. Fatima non dorme per niente, singhiozza. Cerca visibilmente di trattenersi, ma sembra proprio non riuscirci. Ci mancava solo questa. Come fare? Continuo a dettare, l'imperativo categorico fa la sua valorosa comparsa, presto sentiremo parlare del suo proverbiale rivale,

    il super-io, è sicuro. Ma così non esco da questo merdaio. Senza contare il film che si è acceso subito nella mia testa: sicuro, papà vuole un gran matrimonio in Maghreb e io no, e tutto il resto, non fa una piega. Il minimo che un prof di periferia possa immaginarsi. E poi è vero, i luoghi comuni hanno sempre un fondo di verità. Faccio la parte di chi non ha visto nulla, o di chi ha

    visto tutto ma che, magnanimo, fa come se. Poi a ogni modo suonerà la fine dell'ora, e allora si vedrà di nuovo quel minimo vitale di umanità. Ed ecco che suona. La campanella è padrona assoluta, la necessità stessa, la verità del pavlovismo. Contro di lei non c'è niente da fare. Escono con un gran baccano e riesco a malapena a finire la frase.

    Fanculo, imperativo categorico. Kant non l'aveva previsto, Konigsberg per quel che riguarda l'insegnamento era alquanto più tranquilla di Bouville periferia nord. Vorrei vederlo, Kant, all'Hippolyte- Taine, e Taine allora, quell'insetto. In ogni caso devo intercettare Fatima che, con un movimento sfuggente, se ne va ancor più rapida degli altri, con la massima

    discrezione. «Dimmi Fatima, qualcosa non va?» . È a questo punto che mi accorgo che non va proprio nulla. Fatima è la più giovane allieva della classe, sedici anni, e non certo la meno dotata. Capelli e occhi neri, sorridente e riservata, è la figlia ideale dell'immigrazione araba, del tipo che lascia parlare i suoi fratelli, e finirà per andarsene con le tasche piene di diplomi ancor

    prima che l'orda di maschi dominanti capisca cos'è successo. L'ironia bisogna andare a cercarla lontano, nel suo sorriso, ma si finisce per trovarla, del tipo quando il servizio militare sarà finito vedremo chi è il più forte. Ma il sorriso al momento se n'è proprio andato. Ha gli occhi di chi ha pianto una notte intera o più. Il viso distrutto, l'aria di non reggere più niente. Non mi guarda, sta lì

    con gli occhi fissi nel vuoto. Dondola mollemente la testa. Merda... «Dimmi, vuo... vuoi andare in infermeria?». Ben poco, lo so, ma che dire? Fa un segno impercettibile per dirmi di no, suppongo. E poi, senza lasciarmi il tempo di replicare, se ne va, puf... non c'è più. Ci faccio una magra figura.

    Il sangue di Fatima

Il sangue di Fatima

traduzione di Alessandro Bresolin

Collana: Dissensi

Pagine: 208

ISBN: 9788887583861

Disponibilità: Buona

Prezzo: 14.00 

Un “noir” radicato in un universo in cui razzismo, intolleranza e integralismo sono diventati sentimenti correnti e in cui la violenza diventa l’unico modo per farsi sentire e capire

Fatima è la più giovane allieva della classe, sedici anni, e non certo la meno dotata. Capelli e occhi neri, sorridente e riservata, è la figlia ideale dell’immigrazione araba, del tipo che lascia parlare i suoi fratelli, e finirà per andarsene con le tasche piene di diplomi ancor prima che l’orda di maschi dominanti capisca cos’è successo. L’ironia bisogna andare a cercarla lontano, nel suo sorriso, ma si finisce per trovarla...

L’improvvisa morte di Fatima trasforma in detective un tranquillo professore di filosofia. Si uniscono a lui un collega, il fratello maggiore della ragazza e un ex maestro, che ha lasciato la cattedra per un distintivo da commissario. Fatima stava realizzando delle interviste di strada sulla xenofobia. Alcuni giorni prima di morire, si era imbattuta in un fanatico. Per venire a capo della vicenda, bisogna trovare la videocassetta sulla quale è stato registrato l’incontro.

Al prof ne capitano di cotte e di crude, ma non si arrende: nella testarda ricerca della verità è confortato dal caro “Manu” Kant e dagli altri padri del pensiero filosofico; cita Tintin, scomoda Proust e ricorre a Marlowe mentre cerca di ricostruire le ore che hanno preceduto il suicidio della studentessa. Poi anche una compagna di classe di Fatima scompare nel nulla. E il mistero s’infittisce.

Un “noir” in cui il tema forte dell’intolleranza si fonde a una scrittura fluida, ironica, accattivante; una storia in cui l’amore finisce per essere sopraffatto dall’ottusa condanna del “diverso”.

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Recensioni

• «… questo romanzo descrive con realismo e un certo umorismo questo mondo che si vuole in trasformazione ed è solo in regressione… » (Paul Maugendre,L’ours polar)
Recensione per “Il sangue di Fatima“: iltirreno 16giugno2009

Recensione per “Il sangue di Fatima“: manifesto luglio2009

Recensione per “Il sangue di Fatima“:repubblica 25luglio2009

Recensione per “Il sangue di Fatima“: Pulp n81_Il sangue di Fatima