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  • Sono in limine vitae. Lo so, lo sento, non mi dispiace. Mi sono rappacificato con me stesso e con gli altri; il cammino è stato lungo, sofferto, disperato. Credo che la vita sia così per tutti, ma per qualcuno è un po’ più difficile. Il tempo fa il suo mestiere, ho imparato la lezione. Per me è stato necessario liberarmi dai fantasmi, gli spettri di una madre naturale mai conosciuta, di genitori

    adottivi assenti, di una sorellastra amata e persa per sempre, di un fratello incontrato per caso o provvidenza, di un sentiero esistenziale tracciato da altri, mio malgrado, scosceso e accidentato. Anche la verità ha seguito vie impervie prima di incrociare me, ebreo clandestino, prete e poi frate, creatura fragile e nuda. Suor Teofania, la mia cara Tatiana, sono andata

    a cercarla fino a Suceviţa, in Romania, il monastero dove la dolce Sara era stata portata per nascondere la sua condizione di sedicenne incinta al di fuori del matrimonio. Lì ho ripercorso i miei primi quattro anni: la mia nascita, l’adozione, tutto mi è stato raccontato. La ragazza che mi ha partorito, alla quale sono stato subito sottratto, non mi ha mai toccato da

    neonato; le prime braccia che mi hanno accolto sono state quelle di Tatiana, le più sicure e affidabili nello sconcerto generale; mi hanno stretto con calore, quasi come un regalo prezioso: il suo odore buono lo sento ancora, e l’ho percepito oltralpe solo con Antoinette, la mia bonne francese. Quando l’ho rivista, Tatiana mi ha elencato innanzitutto le pietanze che avevo

    imparato a mangiare nel refettorio dell’orfanotrofio con gli altri bambini, dalla mămăligă al cozonac, dalla gallina in brodo delle feste al pesce dei giorni di magro che mi ostinavo a rifiutare, come ha ricordato sorridendo tra le rughe. Ecco perché i brodini della mia madre adottiva, Marguerite, non mi piacevano, perché ho stentato ad abituarmi al cibo francese:

    volevo mangiare le cose che conoscevo, desideravo i sapori della prima infanzia e non fu né facile né breve convincermi. Perciò amavo il freddo, non ero mai riuscito a spiegarmi come mai sentissi una specie di nostalgia per la neve: che ne sapevo io dei faggi imbiancati della Bucovina? Ora lo so. Come so perché sono attratto dai tappeti; nella stanza di Tatiana ne ho ammirati di bellissimi

    da muro, li ho sfiorati accarezzandoli, e lei ha spiegato: «Un gioco che amavi era essere avvolto in una soffice stuoia per poi essere portato in spalla, così nascosto, dai tuoi compagni; quando la srotolavo sul pavimento tu saltavi fuori battendo le mani, e poi tutti vi ci stendevate sopra ruzzolando e ridendo a crepapelle». La sentivo raccontare e mi si gonfiava

    il cuore di rabbia: come era diventata triste e solitaria la mia vita da Suceviţa a Lione! Marguerite e Leon, i miei genitori adottivi, probabilmente non volevano un figlio, un erede da esibire al mondo bastava. Ora so che Tatiana, presa dal rimorso, a distanza di parecchi anni, aveva rivelato alla mia madre naturale la verità: Sara, dopo aver perso i sensi a causa dei dolori del

    parto, aveva dato alla luce due bambini, non uno come le avevano detto dopo essere rinvenuta. Non sono stato capace di rimproverare alla suora né il lungo silenzio né altro; mi ha guardato con gli occhi pieni di lacrime e ha detto: «Pensi che avrei potuto oppormi alla decisione dei tuoi nonni di lasciare te in orfanotrofio e di presentare a tutti come figlio loro, e non di Sara,

    il tuo gemello?». Sedutole accanto, ho preso e baciato le sue mani bianche e ossute. «No, non potevi» l’ho rassicurata; dopo un po’ me ne sono andato, triste di lasciarla, ma contento di aver avuto in dono un pezzo di verità. Ora so anche chi era mademoiselle Geneviève, che a Lione mi spiegava le parole francesi, e che aveva accompagnato Marguerite e Leon

    a Suceviţa con il consenso del nonno. Credo che la vecchiaia di Tatiana sia stata serena, operosa e soddisfatta di una vita votata al bene; non le sono mancati i dispiaceri, ma si è sempre affidata a Dio per superarli, e in buona parte c’è riuscita. Il mondo era duro fuori e qualche volta lo è stato altrettanto nel monastero, che non l’ha difesa dal male e dal dolore quanto ella avrebbe voluto.

    A Suceviţa, dopo qualche anno, aveva lasciato il cuore ai bambini e si era dedicata con le sue mani d’oro, per volere della superiora, ai ricami dei paramenti sacri. Poi era stata mandata a Voronesti, e finalmente, vecchia di ottantasei anni, era tornata là dove l’orfanotrofio non c’era più da decenni, ed era stato organizzato al suo posto un pensionato per le suore anziane. «Il cimitero

    degli elefanti» l’aveva ribattezzato. E lei, dei pachidermi, aveva anche la memoria. Quei luoghi le avevano riportato agli occhi i volti dei piccoli che aveva aiutato a crescere, coccolandoli e anche sgridandoli con allegria quando occorreva, come una sorella maggiore o magari una giovane mamma. Si rivide con Sara, l’ebrea di città venuta fin lassù a nascondere

    la sua vergogna. E con Sara ero arrivato io, Simone. La suora aveva sperato in cuor suo che sarei stato il figlio che non avrebbe mai avuto, e mi aveva amato tanto e poi tanto che aveva patito l’inferno quando mi avevano portato via. Adottato, sì, adottato da certi francesi benestanti, lontano, perduto per sempre. Avrei voluto chiederle qualche notizia dei miei nonni,

    quelli che avevano avuto il coraggio di abbandonarmi; ma poi non me la sono sentita di aggiungere dolore al dolore: mi avevano almeno accarezzato una volta per lasciare su di me un’impronta? Nonno Mosè mi aveva comunque circonciso destinandomi così a essere un ebreo errante. Erano morti, ormai, e neanche avrei potuto sapere se si erano

    pentiti di quello che avevano fatto, sicché io potessi perdonarli. Dunque, non domandai nulla.

    Il prete ebreo

Il prete ebreo

Pubblicazione: 6 dicembre 2018

Collana: Dissensi

Pagine: 160

ISBN: 9788896350720

Disponibilità: Ottima

Prezzo: 13.00 

Dall'autrice del romanzo "Il tempo fa il suo mestiere"

Così assaporai il corpo di Joséphine e lei provò finalmente il senso della vita, tanto a lungo rinviato da temere che potesse non esistere.

Simone, nato in Romania all’inizio del Novecento da una giovane ebrea di buona famiglia, viene abbandonato nell’orfanotrofio di un monastero ortodosso. A Lione, ancora bambino, scopre di essere stato adottato; nonostante la circoncisione, viene battezzato e mandato in seminario, dove resterà fino all’ordinazione sacerdotale. Ormai parroco, conosce da vicino le atrocità della Seconda guerra mondiale e si fa partigiano. Il confronto con l’umile fra Giacinto lo spinge a lasciare il clero secolare per diventare frate. Va a Roma, s’immerge nello studio nel tentativo di trovare tracce della misteriosa Bibbia di Lione, in odore di eresia: inconsapevolmente è alla ricerca di se stesso. L’incontro con Joséphine, figlia biologica dei genitori adottivi, fa esplodere nei due un’intesa insperata: Simone non è più solo. La donna però è sposata e madre, deve ritornare in Canada dove si era rifugiata per scampare all’odio nazista, perciò dovranno separarsi. A quel punto Simone decide di partire per Israele. Ormai anziano, finalmente conoscerà le sue origini e deciderà di affidare la sua storia all’unica parente rimastagli,  la nipote Miriam.

La narrazione, fatta in prima persona, prende il lettore e lo trascina con forza nel mondo intimo del «prete ebreo»: una confessione che esplora l’animo umano, scavando nel profondo di istinti infimi e dei sentimenti più nobili. La ricerca costante, affannosa, disperata, della propria identità è il tema portante del romanzo; il sentirsi inadeguato, fuori luogo, non all’altezza dei canoni dettati dalla società è lo stato che fa del protagonista una persona reale e così simile, pur nel racconto di una vicenda straordinaria, a tanta gente comune.

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Recensioni

Il prete ebreo recensito su Il Mattino

 

 

 

 

 

Il prete ebreo libro del giorno a Fahrenheit Radio Tre

Il prete ebreo recensito su Linkiesta.it

Il prete ebreo recensito su Mille splendidi libri e non solo

Il prete ebreo recensito su Rock’n’read

Il prete ebreo recensito su Chili di Libri

Il prete ebreo recensito su Mypoblog

Il prete ebreo recensito su Progetto Medea

Il prete ebreo recensito su Culturificio

Il prete ebreo recensito su La Repubblica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«…un uomo in ricerca di sé, di tracce di identità, prete ed ebreo, ebreo dentro un confessionale e poi frate dopo una breve parentesi partigiana». Sul Mangialibri la recensione di Il prete ebreo

Il prete ebreo recensito su Cronache di Caserta

 

Il prete ebreo nella rubrica Il Leggilibri della Tgr Campania