Una storia vera di terrore, rivoluzione e amore incondizionato. Il romanzo racconta uno dei più dolorosi avvenimenti della storia americana, prendendo le mosse dalla vicenda sentimentale di Albert Parsons e della sua compagna di colore, Lucy, una giovane coppia che – per sfuggire alle severe leggi contro i matrimoni misti nel Texas – si rifugia nella zona più degradata di Chicago. Mentre la loro relazione si consolida, in città si inasprisce la lotta tra una classe operaia povera e un’elite benestante, indifferente al disagio sociale. I due (entrambi personaggi realmente esistiti) intrecciano la loro storia d’amore con l’impegno politico e Albert sarà ingiustamente accusato della strage di piazza Haymarket nel 1886.
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Contea di Johnson, Texas - Primavera 1871
Bastava osservare la diciottenne Lucy Eldine Gonzalez attraversare la stanza, il passo solenne e risoluto, il fruscio rumoroso del vestito di spinato rosso, bastava guardare la sua andatura per capire subito che non avrebbe sprecato volentieri il suo tempo dietro a domande timide su quanto bisognava bollire la lisciva e il grasso per il sapone, oppure se si doveva
cercare in città il cowboy che rea sparito e dargli quei due dollari in più al mese che aveva chiesto, o semplicemente lasciarlo andare visto che si intendeva di bestiame quanto un asino di selle laterali. Era a domande come queste che Lucy doveva rispondere, e doveva farlo in continuazione poiché era lei che gestiva il piccolo ranch di proprietà di suo
zio a Buffalo Creek, e per questo insisteva che le domande fossero brevi e faceva di tutto per rispondere in modo ancor più conciso. Trascorreva la maggior parte delle sue giornate a dar da mangiare ai polli e ai maiali selvatici; a colorare le candele e a fare calze di lana: ad assicurarsi che i braccianti tenessero sarchiate le verdure, badassero ai campi di frumento
e riparassero la staccionata; infine, a controllare le due messicane nelle loro abituali occupazioni domestiche. Eppure, Lucy si sentiva viva non quando svuotava la cassetta della cenere o raffreddava un teatrone nel ruscello, ma quando la notte finalmente sola in camera sua poteva meditare sul "New Orleans Tribune", leggere i servizi sulle recenti misure
proposte dagli ultraconservatori nel Congresso in risposta alle ultime atrocità: un ragazzo negro di dieci anni castrato e cauterizzato vivi; una donna bianca- che, stando alle voci, avrebbe concesso i suoi favori a uomini di colore -trascinata via di casa, catrame bollente iniettato nella vagina... Lucy aveva capito subito che la maggior parte delle persone, suo zio compreso,
si curava molto più del proprio bestiame che dei negri, tolto l'occasionale moto d'indignazione per una «trovata» come il Quindicesimo emendamento. - Ancora un po' e daranno il diritto di voto anche ai cinesi! - sbraitò un cowboy rivolto agli altri seduti al tavolo in attesa che Lucy distribuisse la cena. - È una maledetta tirannia, ecco cos'è! Tra un po' ci correranno dietro
anche al cesso! - No, no, tra un po' daranno il diritto di voto alle donne- disse Lucy, sbattendo sul tavolo una tazza di fiocchi d'avena proprio davanti al cowboy. - Ed è un bene comunque. Con tutti quegli ignoranti che che votano, in un modo o nell'altro dobbiamo pur nobilitare la vita politica. La fissarono tutti come si fissa una pazza, poi, come se non avesse mai proferito
parola, ripresero a discutere tra loro di argomenti familiari. Se la febbre texana avrebbe colpito il bestiame anche quell'anno. Se la compagnia Atchinson, Topeka e Santa Fé avrebbe ampliato la linea esistente dato che la guerra sulle tariffe ferroviarie si era placata. Se il calesse artigianale meritava il riconoscimento della giuria alla fiera nazionale, quando
sapevano tutti che il miglior carro in assoluto era il "New Hampshire Concord". Se i prezzi più alti che si sarebbero avuti portando le mandrie ad Abilene anziché a Sedalia avrebbero pagato per la maggiore distanza, considerando che sarebbe aumentato anche il rischio di fughe e razzie. Lucy non aveva nulla da dire su questi temi. Se ne stava sulle sue, spostandosi con
passo autoritario tra la cucina e la tavola, taciturna come chi pensa tra sé e sé. Tante volte suo zio l'aveva messa in guardia sul fatto che la gente la considerava presuntuosa. - Sei in grado di cucirti un vestito di spinato rosso - la attaccò una volta, - ma dovresti avere il buon senso di non farlo e indossare il tessuto di lino che usano tutte le altre donne. - E tingerlo con la stessa concia di
quercia, scommetto -. Lucy non fece il minimo sforzo per celare il tono sprezzante. - Esatto! - La concia di quercia è smorta. A me piacciono i colori vivaci. - Beh, potrebbe piacerti anche un marito un giorno, ma non ne troverai uno finché non imparerai ad avere un atteggiamento più umile -. Lucy non rispose. Quella dell' «arroganza» non era l'unica diceria malevola
al suo indirizzo. Alcuni pensavano fosse una negra, e lei lo sapeva. La pelle scura, il naso largo, la capigliatura nera e riccia avevano spinto la gente a chiedersi se lo zio messicano di Lucy non fosse semplicemente il suo datore di lavoro, ma l'uomo che l'aveva assunta ancora ragazza per la sua fresca e radiosa bellezza scura che lei aveva messo a sua disposizione. Alcuni
dicevano addirittura che era schiava di nascita, secondo altri si era sposata e poi separata. Lei ai pettegolezzi si rifiutava di rispondere. Una volta un cowboy particolarmente petulante, di quelli che arrivano all'improvviso senza neppure un paio di speroni e una coperta e ripartono non appena hanno raggranellato un po' di soldi per comperarsi da bere, avvicinò la sua faccia
a quella di lei e sogghignando disse qualcosa sul fatto di non accettare ordini da una «sgualdrina negra». Lei andò su tutte le furie come un torrente in piena dopo il temporale e le sue parole lo squarciarono come una mitragliatrice Gatling: - Non rispondo neanche per sogno a un uomo viscido come una serpe che striscia per terra quando cammina. Se lo ficchi bene
in testa, signore: ha di fronte una donna di sangue spagnolo e azteco. Non un'africana. Mia madre era messicana, mio padre un creek civilizzato. Non c'è altro da sapere, né saprà sul mio conto. Vada ora! Via! Se il cowboy era abbastanza belligerante da tenere duro, Lucy nella sua compostezza altera si girò i tacchi andandosene impettita. Cosa che mise fine all'alterco ma non
alle chiacchere. Erano arrivate persino all'orecchio di Albert Parsons, e già molto tempo prima di poterlo riferire a Lucy, I due si conobbero quando Albert, nel lontano 1869, iniziò a viaggiare nel nord del Texas come sostituto esattore per lo stato, mansione a cui pochi ambivano ora che tasse (e malcontento) erano alle stelle a causa di quelle che i conservatori definivano
le nuove spese «superflue» sostenute dai radicali per la costruzione di strade e l'istituzione di un sistema scolastico pubblico. Quando per la prima volta un giorno di aprile di due anni fa Albert entrò a cavallo nel ranch dei Gonzalez, Lucy gli si parò improvvisamente davanti, le mani sui fianchi come per sfidarlo a smontare. - Questo è il ranch dei Gonzalez, signore.
Che cosa vuole? - Mi scusi, signora, chiedo scusa per aver messo piede nella sua proprietà... La mia cavalla qui, Bessie, ha una sete terribile e speravo... -. Le parole di Albert si affievolirono quando riuscì a vedere completamente Lucy, che continuava a squadrarlo. Non aveva mai visto una donna così prima di allora: la carnagione bruna dorata, gli zigomi rilevati, una figura piena
e sensuale, gli occhi neri di un'intensità profonda. Il modo in cui si muoveva e parlava era così autoritario, talmente energico da farla sembrare una regina d'altri tempi.
Haymarket, Chicago
Haymarket, Chicago
traduzione di Chiara De Bastiani
«... un capitolo trascurato della lotta dei lavoratori e per la dignità umana» - The Washington Post
Recensioni
• «Duberman è noto per la sua eccezionale poliedricità: è storico insigne, scrittore di talento e avvocato appassionato» (Howard Zinn)
• «… un modello di ciò che il romanzo politico deve essere…» (Neil Gordon,Boston Review)