La penna di un grande narratore prestata alla causa di Sacco e Vanzetti, l’accorato appello per salvarli dalla sedia elettrica, la puntigliosa ricostruzione della contestata vicenda processuale, il racconto toccante dell’incontro in carcere con i due anarchici, l’accusa ai giudici di essersi mossi in un clima di furore ideologico e la richiesta di revisione del processo: nel 1926, John Dos Passos, allora trentenne ma già noto scrittore, raccolse alcuni suoi scritti – tra cui diversi articoli apparsi sulla rivista New Masses – nel pamphlet Facing the Chair, tradotto per la prima volta in italiano solo ottant’anni dopo. Dos Passos prendeva posizione in favore dei due italiani, aderendo al vasto movimento di opinione pubblica che, in tutto il mondo, poté contare sull’appoggio di intellettuali famosi come Thomas Mann, Albert Einstein, Upton Sinclair, H.G. Wells.
-
La sera del 5 maggio 1920 Nicola Sacco, un italiano che lavorava come raffilatore in un calzaturificio, e Bartolomeo Vanzetti, anche lui italiano, pescivendolo, furono arrestati su un tranvai di Brockton, nel Massachusetts. I due erano conosciuti come radicals ed erano attivi nelle organizzazioni delle classi lavoratrici dei dintorni di Boston. Al momento
dell’arresto, in tasca a Sacco fu trovata la bozza di un volantino in cui si annunciava una manifestazione di protesta contro il fermo illegale e, forse, anche l’assassinio di Salsedo da parte di agenti del dipartimento di Giustizia. Salsedo era il tipografo anarchico il cui corpo era stato trovato sfracellato sull’asfalto di Park Row, sotto le finestre degli uffici newyorchesi
del dipartimento di Giustizia, dove lui e il suo amico Elia erano stati trattenuti e sottoposti al terzo grado per otto settimane senza che fosse stato spiccato mandato di cattura. Quando furono presi, Sacco e Vanzetti erano armati e mentirono quando furono interrogati sui loro amici e compagni. Venne fuori, più tardi, che essi stavano tentando di prelevare da un’officina
l’auto marca Overland di un uomo di nome Boda per poter andare fuori città, da vari loro amici, per avvisarli di una nuova serie di retate «anti-rossi» che, secondo alcune voci, era nell’aria. Allo stesso tempo volevano anche recuperare giornali radical e altro materiale a stampa che alla polizia sarebbe potuto risultare sospetto. Furono arrestati perché il proprietario dell’officina aveva
telefonato alla polizia, che l’aveva avvisato di dare informazioni sui movimenti di qualsiasi italiano che possedesse automobili. Un paio di settimane prima, il pomeriggio del 15 aprile, a South Braintree, una città dei dintorni, era stato commesso un omicidio particolarmente impudente e brutale, apice di una lunga serie di rapine e di furti. Dopo aver ucciso un impiegato di cassa e la
sua guardia del corpo proprio al centro della città, un gruppo di banditi era fuggito su una Buick da turismo portandosi dietro più di quindicimila dollari in contanti. Si diceva che questi banditi fossero quasi tutti italiani. La polizia si dette molto da fare, ma non trovò nessun indizio sull’identità degli assassini. L’opinione pubblica si mostrava piena di rancore e fortemente
critica. Bisognava trovare una vittima. Dimostrare che gli assassini erano dei rossi avrebbe soddisfatto tutti. Così, per prima cosa, Vanzetti fu portato a Plymouth e processato come uno degli uomini che avevano tentato di rapinare un portavalori a Bridge-water, all’alba della vigilia del Natale precedente. Fu condannato e gli furono inflitti quindici anni di carcere. Plymouth è
proprietà della più importante impresa di cordami al mondo. Anni prima Vanzetti era riuscito a organizzare uno sciopero, che aveva avuto successo, contro la fabbrica. Dopo questo processo Vanzetti fu portato a Dedham e processato insieme a Sacco per l’omicidio dell’impiegato di cassa e della guardia del corpo uccisi a South Braintree. Al termine di un processo
tempestoso, furono condannati per omicidio di primo grado. Da allora l’esecuzione è stata rimandata grazie a una serie di istanze di riapertura del processo. Un appello presentato alla Corte suprema del Massachusetts non è stato accolto e si attende la risposta per un altro. La prova più importante emersa durante la presentazione di queste
richieste è costituita dalla serie di deposizioni giurate e scritte fornite dalla difesa che dimostrano, come del resto la stampa del mondo del lavoro ha sempre sostenuto, che agenti del dipartimento di Giustizia parteciparono attivamente al processo e, non essendo riusciti a raccogliere prove sufficienti da far espellere Sacco e Vanzetti come radicals, aiutarono a costruire prove false
con cui incastrarli e farli condannare per omicidio. «Comunque due poco di buono: hanno avuto quel che si meritavano» si dice che abbia dichiarato un poliziotto. Agli occhi della classe che governa e della sua polizia, chiunque sacrifichi la vita per rendere più umano il massacrante lavoro nell’industria è un poco di buono. In tutto il mondo la gente guarda con speranza
e con commozione al caso di Sacco e di Vanzetti come al culmine della lotta senza fine per i diritti degli oppressi contro gli oppressori.
A CHE PUNTO È IL CASO
Il 23 ottobre 1926 il giudice Webster Thayer ha reso la sua decisione relativa all’ultima istanza di riapertura del processo, sostenuta dalla difesa nel corso della settimana del 13 settembre. La decisione è un documento lungo poco più di trentamila parole. Un lettore non pratico di tecniche giuridiche ha l’impressione che questo documento sia un’apologia in difesa della
corte stessa più che l’imparziale verdetto di un giudice. Non una sola scintilla di spirito scientifico né di consapevolezza delle infinite possibilità di errore umano ha trovato posto in quelle frasi lunghe e complicate. La confessione di Madeiros e, a partire da questa, la tesi elaborata dalla difesa su basi indiziarie, volta a dimostrare che la rapina di South Braintree venne
commessa dalla banda Morelli di Providence, viene messa da parte con la dichiarazione seguente: «In conclusione, per quanto riguarda la deposizione scritta e giurata di Madeiros, sarebbe stato facile per questa corte trasferire le sue responsabilità su di un altro giudice, ma questo avrebbe significato spogliarsi di quel dovere solenne che la legge pone
sulle spalle di una corte di giustizia. Guidato da questo dovere solenne ho esaminato e studiato per molte settimane, senza sosta, i documenti presentati con questa mozione e quelli relativi alla deposizione di Madeiros. Guidato dato solo da giudizio, ragione e coscienza, e dopo aver dato agli imputati tutta l’attenzione richiesta dai miei doveri nei confronti
dei diritti della comunità e dei corretti principi della legge, sono costretto a concludere che la deposizione di Madeiros è inaffidabile, incredibile e falsa. Mettere da parte il verdetto di una giuria, confermato dalla Corte suprema dello stato, sulla base di una simile deposizione, vorrebbe dire farsi beffe di verità e giustizia. Perciò, esercitando il pieno diritto
di giudicare le istanze per nuovi processi, conferito a questa corte dalla legge di questo stato, con il presente documento l’istanza per un nuovo processo è respinta». Più avanti, questo il commento sulla rimostranza che agenti del dipartimento di Giustizia abbiano lavorato insieme all’accusa per ottenere la condanna di omicidio contro Sacco e Vanzetti, quando essi stessi
li consideravano innocenti (ipotesi basata sulle ormai note deposizioni di Letherman e Weyand): «Le cause giuridiche non possono venir decise in base alla pubblica opinione, ma in base al ragionamento, al giudizio e ai dettami della legge; perché le cause non si decidono in base a misteri, a sospetti o a propaganda, ma su prove reali, prodotte al processo. Dio aiuti
quei poveri imputati che dovessero essere assolti o condannati non in base a prove, ma su pressioni dell’opinione pubblica, un’opinione pubblica che può essere irregolarmente condizionata da gruppi di pressione o da propaganda». Nella testa non proprio da leguleio di uno che se ne stia a fumare il sigaro a un angolo di strada, questa dichiarazione potrebbe
anche apparire come una lama a doppio taglio. Ma andiamo avanti: «È forse possibile che il ministro della Giustizia degli Stati Uniti Sargent e i suoi dipendenti e Palmer, ministro della Giustizia durante la presidenza Wilson (la maggior parte della corrispondenza ebbe luogo sotto l’amministrazione Wilson), siano caduti così in basso, è forse possibile che siano
talmente degeneri da essere disposti a partecipare, anche occultando prove, a una cospirazione fraudolenta con il governatore del Massachusetts per mandare due uomini alla sedia elettrica non perché omicidi, ma perché di idee radical?». Il giudice Thayer risponde «No». Ma sarà questo anche il verdetto di uomini e donne imparziali quando l’intera verità di
questo caso verrà alla luce? Sarà questo il verdetto dei lavoratori di tutto il mondo che vedono in Sacco e Vanzetti la propria immagine? Davanti a queste prove, una mente limpida, libera da tecnicismi legali e da risentimenti di parte, risponderebbe «No»? Dopo questa decisione c’è ancora la possibilità di un appello alla Corte suprema dello stato prima che si
arrivi alla sentenza definitiva, ma poiché quella corte prende le sue decisioni soltanto guardando alla legge e non agli aspetti umani, le speranze di un ribaltamento sono esigue. Dopodiché, l’unico appello può essere quello alla clemenza dell’esecutivo, oppure alla Corte suprema degli Stati Uniti, sulla base dell’argomento che gli imputati sono stati
condannati senza un equo processo. Una speranza piuttosto disperata. Sacco e Vanzetti non chiedono perdono, chiedono giustizia. Non dimentichiamo che quando venne fuori che Tom Mooney era innocente per le bombe della Preparedness Parade, per le quali era stato condannato in California, la sua pena fu commutata in carcere a vita ed è ancora
in prigione, vittima della clemenza dell’esecutivo. Sacco e Vanzetti vogliono giustizia, non clemenza. Soltanto un’immensa ondata di protesta, da parte di uomini di ogni classe e condizione, può salvarli dalla sedia elettrica.
Davanti alla sedia elettrica
Davanti alla sedia elettrica
Come Sacco e Vanzetti furono americanizzati
a cura di Piero Colacicchi; introduzione di Francesco Durante; traduzione di Filippo Benfante e Piero Colacicchi
Va bene avete vinto voi, siamo due nazioni
Recensioni
• «Uno dei casi giudiziari più controversi, dovuti alla paura dell’“altro”, del “rosso”, dell’anarchico, di chi è di razza diversa» (Nico Orengo, La Stampa-Tuttolibri) | |
Recensione per “Davanti alla sedia elettrica“: la repubblica dario olivero.doc |