Open menu

 


Carrello


Libro della Settimana

Classifica Libri

I più venduti del mese

Best-seller 2022

I nostri long seller

  • IL CAMPANELLO - atto unico

    Una stanza illuminata a giorno. Un bel pomeriggio. Al centro un letto con una donna sui trent’anni distesa sotto le coperte azzurrine. Ha un ago nel braccio, le si sta praticando una flebo. Sopra un tavolino, un vaso con dei fiori rossi, medicinali vari e un lume acceso. Dal lato opposto una scrivania con un portatile. La scrivania è da ufficio, ha delle rotelle, come del resto una sedia

    che è lì. C’è anche un paravento chiuso... ANGELA (come per farsi sentire fuori stanza): "La luce!... La luce mi dà fastidio, mi dà noia. Vorrei un po’ di ombra... (si agita con la testa. Forse è l’unica cosa che muove insieme con una gamba, che però in questa occasione è ferma. Piange sommessamente...) Non voglio stare qui, fa caldo..." (piange ancora, ma

    lentamente il pianto va affievolendosi. Con fatica muove il braccio non impegnato dalla flebo e tira su il letto con una manovella. L’operazione le costa dolore e dura un bel pezzo. Si lamenta, urla, ma riesce a disporsi col busto un po’ sollevato. Il campanello della porta suona. Entra Damiana. Sorella di Angela, ha pressappoco la stessa età. Si presenta in abiti casual,

    ma con un che di molto curato. Ha un’andatura decisa e sensuale, risoluta. Si siede al portatile. Legge sul video, scoppia a ridere, prende a scrivere... si sente soltanto il picchiettare dei tasti. Poi...) Perché suoni sempre il campanello, se hai le chiavi, e sai che non posso aprire? DAMIANA: "Lo suono per annunciarti che entro. Mi annuncio". ANGELA: "Ti annunci con il campanello?"

    DAMIANA: "Lo so, stai pensando che per me non basterebbero le campane di Notre Dame. Ma, che vuoi farci, Quasimodo se n’era andato a casa, aveva freddo, poi non siamo a Parigi, ma siamo qua, e allora mi sono accontentata del campanello di casa: dlin dlon! Chi sarà? Che succede? Annunciazione!" ANGELA: " E beato lui, Quasimodo,che sente

    freddo. Io invece, è un sacco di tempo che non sento più freddo. Una persona deve sentire anche il freddo, ogni tanto. Qui fa sempre caldo e c’è troppa luce... E non c’è mai il buio, dico il buio completo". (silenzio) "E chi se lo poteva immaginare..." (riprende a piangere sommessamente. Damiana ferma un istante la scrittura, la guarda per qualche attimo, ma poi

    riprende dopo aver guardato lo schermo e aver avuto un piccolo sbotto di riso. Angela un po’ trasognata, forse per i farmaci, riattacca a parlare...: "Quando cammini, oppure quando guardi il cielo, magari pure distrattamente, oppure quando prendi un autobus... I gesti che facciamo ogni giorno sembrano avere la forza... non so... la forza

    di una cosa che non finirà mai, anzi no: hanno una specie di debolezza, di piccolezza, di futilità, e sembra che si possano ripetere in eterno. Sono la nostra vita. I gesti non hanno peso, non hanno neppure senso, ed è per questo che li ripetiamo all’infinito senza chiederci nulla. E allora finiamo col confondere l’infinito con la ripetizione... È un errore, è una confusione. Però

    questo ripetere, questo poter camminare, questo andare, questo fare cose anche stupide, ci fa vedere molti punti di vista, ci abitua a tanti punti di vista... anche se, alla fine, pure questo ci confonde... Quello che sto provando con la malattia, invece, è una sensazione che unifica tutto, e tutti i punti di vista, tutte le opinioni, tutte le parole, tutti i gesti acquistano una specie di

    unitarietà. Un solo punto di vista..." DAMIANA (mentre scrive al pc): "Sì, quello che dà sulla parete. Che puzza di retorica! Sei una lagna, certe volte". ANGELA (incalzandola, come avendo riacquistato le forze): "Sei una stronza, anzi sei una cretina... anzi no, sei ignorante, non c’è niente da fare, sei troppo ignorante". DAMIANA: "Punto di vista unitario". ANGELA:" Certo, unitario,

    perché in fondo stronza, cretina e ignorante sono tre aspetti di quello che tu sei... unitariamente. Sono tre facce della stessa medaglia". DAMIANA:" E da quando le medaglie hanno tre facce?" ANGELA:" ... allora dello stesso poliedro.." DAMIANA:" Un poliedro a tre facce? Fammici pensare..." (cerca sul pc) "Ecco: tetraedro... un poliedro, per essere tale, deve avere almeno

    quattro facce... quindi stronza, cretina e ignorante non bastano... il primo poliedro regolare è, per esempio, la piramide, la busta del latte, insomma..." ANGELA: "E tu, accanto a stronza, cretina e ignorante, mettici pure mummia, ed è fatta la piramide". DAMIANA:" Oh..." ANGELA:" A proposito: hai comprato il latte? DAMIANA:" Quattordici?" (ripetendo

    ciò che scrive, scandendo) "Un po’ poco, non ti pare?" ANGELA:" ... io poi non posso nemmeno più berlo. Mi piaceva bere il latte, soprattutto freddo..." DAMIANA (tra sé): "Mezz’ora di chiacchiere, e solo quattordici!..." ANGELA:" ... Però mi piaceva pure caldo. Ti ricordi quando andavamo dalla zia Aurora? "(silenzio e ticchettio) "A dire la verità la campagna non mi

    piaceva, mi metteva tristezza, tutto quel silenzio, gli insetti. Ti ricordi che diffidavo dei cespugli?... La campagna piaceva a te, che adesso la odi, ma a me faceva già schifo. Però mi piacevano le mucche. Tu avevi paura delle mucche... C’era quel contadino, come si chiamava?..." DAMIANA (sempre concentrata sul pc):" ... Catello? Ma che cazzo di nome è Catello?..."

    ANGELA: "Ma che Catello? Si chiamava zio Salvatore..." DAMIANA: "Ah, è di Torre Annunziata... Catello di Torre Annunziata. Perfetto, perfetto. Nome tipico di quelle parti..." ANGELA:" Eravamo a Telese, non a Torre Annunziata. E zio Salvatore mungeva le mucche e ci dava il latte caldo. Mi piaceva..." DAMIANA: "Angela, zio Salvatore ci faceva alzare

    le gonnelline, ci toccava un po’, e poi per premio ci dava il latte. Quel porco. E il latte mi faceva pure schifo, con tutta quella schiuma, in quella stalla che puzzava di cacca di vacca. Ma che razza di premio sarebbe un premio che ti fa vomitare?" ANGELA: "Con me non l’ha mai fatto, mi dava soltanto il latte". DAMIANA: "L’ha fatto, l’ha fatto anche con te, solo che non te ne vuoi

    ricordare". ANGELA; "Te l’ho detto mille volte: con me è stato sempre correttissimo". DAMIANA: "Hai rimosso". ANGELA: "Non mi ha mai fatto nulla, mi puliva anche la bocca bagnata di latte..." DAMIANA: "Ti dico che hai rimosso". ANGELA: "Lo zio Salvatore era soltanto premuroso..." DAMIANA:" Ma dai! Ti dico che hai rimosso, hai rimosso! ANGELA: "Ho rimosso?

    Ho rimosso?!?!... Oh Dio!... Damiana!" (si sente male improvvisamente e si volta sporgendosi dal letto. La sorella accorre con un secchio e lei vomita) DAMIANA:" Hai rimesso!" (ridono) "Va meglio?" ANGELA:" Sì. Ma vai a svuotarlo, è meglio..." DAMIANA:" Sì, è meglio". (esce col secchio) ANGELA:" E prendimi del latte! (Damiana rientra, depone il secchio nei pressi del letto

    e si risiede) E il latte?" DAMIANA: "Diciotto... È già meglio, diciotto... Il latte non l’ho preso, non puoi berlo, hai pure vomitato!... angela Fai di tutto per farmi sentire malata". DAMIANA: "Angela, tu sei malata". ANGELA: "Angela, tu sei malata". (silenzio) DAMIANA: "Venticinque?! Wow! Fosse vero..." (digitando) "Da dove di-gi-ti?... Napoli!" ANGELA: "Sarò pure malata, ma ho

    voglia di latte". DAMIANA (sempre scandendo la digitazione): "I-o-pu-re". ANGELA: "Allora vallo a prendere". DAMIANA: "Ti rendi conto, Angela, venticinque centimetri!" ANGELA: "Ma cosa dici?" DAMIANA: "Uno di qua, uno di Napoli..." ANGELA: "Ma cosa?" DAMIANA: "Venticinque centimetri!" ANGELA: "Venticinque centimetri cosa?" DAMIANA: "Sto chattando!

    ANGELA: "Chattando?" DAMIANA: "... e c’è uno di Napoli che ce l’ha di venticinque centimetri. Mi ha dato pure il numero di cellulare". (prende il cellulare dalla scrivania) ANGELA: "E che vuol dire? Non vorrai mica telefonargli? DAMIANA (ha già fatto il numero): "Sì, sono io, sono Damiana... Grazie! (Dice che ho una bella voce) Sì... Sì... Per me va bene... Senti, Ciro, ma è

    vero quello che hai scritto? ... Davvero? Proprio venticinque? Ma te lo sei misurato? (ride) ... Ok, ci credo, ci credo... A che ora? Ok, va bene. Allora fra un’ora alla metro di Chiaiano..." ANGELA: "Fra un’ora devi cambiarmi la flebo". DAMIANA: "Ah no, scusa, scusa... Possiamo fare fra due ore esatte? angela Fra due ore la flebo sarà finita e dovrò fare la pipì", (e ti metto la padella).

    ANGELA: "E che, devo stare tutta la serata sulla padella?" DAMIANA: "Sì, va bene... Ok, una Matiz rossa. Ok... A dopo... Ciao, ciao... "(chiude) "Angela, per favore!" ANGELA: "L’altro giorno ci sono rimasta quattro ore sulla padella. Mi sentivo una bistecca pisciata". DAMIANA: "Quanto sei volgare, Angela". (si rimette al pc) ANGELA: "E ora che fai, ne cerchi uno da trenta per

    domani?" DAMIANA (osservando la flebo) "È finita". (con gesti sicuri, toglie l’ago dal braccio di Angela, disinfetta il braccio accuratamente, sistema i medicinali. Poi si siede sul letto, guarda la sorella e la accarezza. Quindi, come se sentisse un cattivo odore, prende ad annusare Angela, le coperte. Angela è imbarazzata. Damiana la scopre con un colpo deciso. Angela è in pigiama.

    Damiana la solleva continuando a cercare l’origine del cattivo odore. La aiuta a mettersi in piedi e la conduce lentamente alla sedia. La fa accomodare, la accarezza, si annusa poi di nascosto una mano. Ritorna al letto e prende ad annusare le lenzuola, cerca... Angela prende a singhiozzare sommessamente. Finalmente Damiana scopre l’origine del

    miasma...) "Da quanto non cambiamo l’acqua a questi fiori? Fanno puzza di cimitero". ANGELA: "Sono lì solo da ieri, lo sai". DAMIANA: "Dovresti dirglielo che non si regalano fiori a una che è ammalata, portano jella". ANGELA: "Mario non è superstizioso, ed è pure convinto che io possa guarire". DAMIANA: "Ah, è convinto!" ANGELA: "E poi non mi regala soltanto

    fiori". DAMIANA: "Io vedo soltanto fiori". ANGELA: "Ieri mi ha portato i fiori e una cosa che tenevo molto ad avere". DAMIANA (sempre rassettando): "Ah sì, e che cosa?" ANGELA: "Non vorrai mica andare davvero a quell’appuntamento!?" DAMIANA: "Certo che ci vado. Non vorrai mica che resti sempre qui. angela Ma nemmeno lo conosci! Potresti ficcarti in qualche

    casino". DAMIANA: "Gli uomini, è meglio non conoscerli. I casini veri nascono quando li conosci bene, e meglio li conosci, più casini ti fanno. E poi mi annoia fare sesso con uno che conosco. Con Alberto, dopo due anni di convivenza, non era più sesso, era incesto. Per me era diventato come un fratello. E voleva pure mettere su famiglia... A parte il fatto che all’epoca

    ero anche troppo giovane, io non voglio mettere su famiglia. La famiglia si regge sull’incesto: i padri con le figlie, le madri con i figli, ma soprattutto i mariti con le mogli. Dovrebbero dirlo ai preti, forse non lo immaginano che fanno propaganda all’incesto. Dovrebbero dirglielo... I valori della famiglia: come se fosse quello il problema..." ANGELA: "Ma che c’entra la famiglia?

    Io dicevo soltanto che, quando hai questi incontri di chat, mi preoccupo..." DAMIANA: "Tu non ti preoccupi, tu non vuoi che io esca di casa. angela Per me puoi farti scopare da chi ti pare. Solo che io da sola non posso muovermi". DAMIANA: "Sei peggio di nostra madre". ANGELA: "Lascia stare la mamma". DAMIANA: "Non ha fatto la puttana perché le mancava il coraggio.

    ANGELA: "Che c’è, la coccola di papà ce l’ha ancora con la sua rivale? La mamma è morta, lasciala stare". DAMIANA: "E tu lascia stare papà, che è morto pure lui". ANGELA: "Che c’è, il paparino ce lo portiamo nel cuore, eh?" DAMIANA: "Tu non te lo porti nel cuore?" ANGELA: "Quella ciminiera ambulante?" DAMIANA: "Ah già, dimenticavo. Qui abbiamo la salutista senza

    salute. La signorina detesta il fumo, la signorina non ha vizi... angela Chi ti dice che non c’entri il fumo di tuo padre, con la mia malattia?" DAMIANA: "Non dire stronzate. «Nostro padre» aveva smesso da cinque anni, quando è morto". ANGELA: "Fumava troppo. Quando ha smesso la Philip Morris ha avuto un crollo in borsa". DAMIANA (facendole il verso): "Non mi ubriaco mai, non mi

    drogo, e soprattutto non scopo se non sono innamorata: una santa!" ANGELA: "Se avesse fumato di meno forse oggi sarebbe ancora vivo". DAMIANA: "Ma se è morto cadendo dall’autobus!" ANGELA: "Sì, ma dall’autopsia è saltato fuori che aveva un cancro al polmone destro, sarebbe morto lo stesso di lì a poco". DAMIANA: "Ma che c’entra? È morto per la

    caduta. È finito nel fosso dei lavori lì... i lavori delle fogne sulla strada. ANGELA: "Adesso ti lamenti dei lavori sulla strada? Proprio non siamo mai contenti. Fanno i lavori, ci lamentiamo, non li fanno, ci lamentiamo lo stesso... Ecco perché le cose non vanno, per questo eterno piagnisteo". DAMIANA: "Ha parlato miss sorriso". ANGELA: "Io non mi lamento, io soffro

    davvero". DAMIANA: "E io non mi lamentavo dei lavori, io stavo dicendo che papà è morto cadendo in quella fogna... va bene dai, lasciamo stare..." ANGELA: "E poi io non sono come te, è vero: io non scopo, io faccio l’amore. Fare sesso sì, può essere interessante, ma vuoi mettere quando c’è l’amore? È tutta un’altra cosa, guarda. Già, ma tu non puoi capire..." DAMIANA: "Sì, e se poi una

    non si innamora per vent’anni che fa, la dona ai musei vaticani? Io preferisco usarla per la funzione che essa deve assolvere. Io non ho paura del piacere fisico, io fumo, bevo, scopo e... faccio i rutti! angela Aveva ragione la mamma". DAMIANA: "Stai zitta". ANGELA: "Aveva ragione, sei una donna senza dignità". DAMIANA: "Quella puttana mancata". ANGELA: "Non hai rispetto

    nemmeno per i morti. Dici puttana a tua madre?" DAMIANA: "Per me «puttana» non è un’offesa, è un apprezzamento. Per me l’offesa è «mancata»".

    Cinque donne sei

Cinque donne sei

Catena. Il campanello. Felice e Costanza. Abjurate!

Pubblicazione: Aprile 2015

Collana: Dissensi

Pagine: 178

ISBN: 9788896350461

Disponibilità: Buona

Prezzo: 10.00 

Prefazione di Maurizio de Giovanni. Introduzione di Francesco Durante

Per fare cose grandi, per cambiare, ci vuole un po' di ambizione, un po' di perfidia.  È legittimo o no eliminare gli ostacoli che possono mortificare la qualità della nostra vita, è o non è giusto?

La storia della vita di Catena, raccontata in prima persona, è anche un viaggio attraverso l’Italia degli ultimi quarant’anni. Torino, le Alpi valdostane, Palermo, Roma e Napoli sono le tappe di un percorso accidentato e vissuto dalla protagonista con gli occhi e i sentimenti dei suoi anni, dall’infanzia fino alla maturità. Cambio di scena: due sorelle orfane sono alle prese con il loro vivere quotidiano. Angela è una ex attrice di teatro, costretta a letto da una grave malattia; Damiana si barcamena per provvedere alle spese di casa e alle cure della sorella maggiore lavorando part-time per un sito di incontri erotici. Altra coppia, altre grane: Felice e Costanza vivono in un monolocale. Lui, giornalista disoccupato, lei, pittrice o aspirante tale, cullano l’idea di stabilirsi nell’appartamento al piano di sopra abitato da due anziane zitelle, fastidiose e invadenti. Ultima tappa di Cinque donne sei,  viaggio ideale nell’universo femminile, è l’interrogatorio a una eroina del passato, Giovanna d’Arco, da parte del suo accusatore, monsignor Cauchon. Saverio e Dorotea, attori itineranti, incrociano sul palcoscenico la grande storia della santa: il suo rogo sarà pure il loro. I quattro testi di Roberto Del Gaudio, «uno dei più straordinari talenti della scena napoletana degli ultimi vent’anni» come lo definisce Francesco Durante, sono di una «bellezza urticante e aspra» per usare le parole di Maurizio de Giovanni: le donne, protagoniste assolute, vedono frantumarsi il piano tragico in cui vengono precipitate. Incapaci di comprendere il caso, fanno, loro malgrado, dell’ironia uno scudo e del sogno un patologico approdo.

 

L’autore

Roberto Del Gaudio, napoletano, attore, cantante, drammaturgo, regista, cofondatore del gruppo «I virtuosi di San Martino».

Tag: , , .