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  • Mentre faceva l'amore con Gawhara - una ragazzina si e no quindicenne, ma dalla sensualità prodigiosa - Samantar si rese conto della necessità di svelare il mistero degli attentati dinamitardi che si susseguivano da qualche tempo in città provocando, coi loro assordanti boati, i sarcasmi d'un popolo avido di feste, fossero anche mortali. All'inizio quegli strani scoppi non l'avevano

    impensierito molto; a ogni latitudine c'era gente che disprezzava la pace e nutriva insensate speranze di rivolta. Quindi non ci aveva data alcun peso, contando sulla stanchezza propria d'ogni opera di lunga lena perché cessassero quelle manifestazioni di violenza, tanto inutili quanto ridicole. Invece, a dispetto di questa logica universalmente

    riconosciuta, gli attentati erano continuati, e a ritmo sempre più serrato, come se gli istigatori di quella parodia rivoluzionaria disponessero di munizioni inesauribili. Fino a quel momento le bombe di fabbricazione artigianale non avevano fatto vittime ma solo distrutto alcuni beni immobili di poco conto, ed era evidente che il loro utilizzo si inseriva in una strategia più vicina

    alla provocazione che alla tragedia. Samantar non riusciva a immaginare che razza di rivoluzione fosse capace di promuover un'insurrezione in un territorio esangue e desertico, indiscutibilmente povero, dove la spartizione delle ricchezze sarebbe stata una farsa grottesca. Gli sembrava del tutto assurdo. La sua naturale indolenza e il suo disgusto

    per le faccende di questo mondo l'avrebbero senza dubbio dissuaso dall'idea di opporsi a una sciagurata manovra di qualche arrogante, se non fosse che le ripetute esplosioni rischiavano di mutare in caos la meravigliosa armonia di cui godeva l'emirato grazie all'aridità del suo sottosuolo, sprovvisto di ogni risorsa petrolifera: beata aridità che aveva tenuto lontano

    gli sciacalli delle società internazionali, sempre a caccia di rapine planetarie. Dal momento che questa realtà dei fatti non poteva sfuggire a nessuno - nemmeno a individui eccezionalmente stupidi-, era evidente che quel terrorismo da quattro soldi non era affatto l'espressione esasperata di una rivendicazione sociale, ma una manovra intrecciata alla trama di

    uno strano e nebuloso complotto. Si staccò bruscamente dalla sua compagna e, rigiratosi sulla schiena, cercò di ricordarsi di certi personaggi di sua conoscenza, vittime di uno sconsiderato idealismo. che per sventatezza o per svago avrebbero potuto collaborare a quella stupida esplosione di violenza. La ragazza, smarrita, rimase un momento in attesa, il corpo

    accogliente, poi allungò le gambe emettendo un sospiro d'insoddisfazione che Samantar percepì come un rimprovero, ma sforzandosi d'ignorarlo. Qui a Dofa, capitale dell'emirato, era inconcepibile che un movimento sovversivo si fosse organizzato a sua insaputa, senza che ne fosse informato almeno da qualche indizio. Lucido osservatore con tempo

    libero sempre a disposizione, era in grado di raccogliere tutte le indiscrezioni diffuse da un popolo estremamente socievole, che non temeva di spifferare liti e segreti nei caffè e nelle pubbliche piazze. Avesse pur preso tutte le precauzioni del caso, un'organizzazione criminosa non aveva alcuna possibilità di passare inosservata in questo ambiente dove

    il minimo incidente dalla parvenza vagamente losca, la più fugace apparizione di un individuo molto o poco sospetto, venivano notati subito e amplificati dall'immaginazione. Nonostante la città fosse abitata da molti individui allergici a ogni tipo di governo, Samantar sapeva che da tempo quegli irriducibili perturbatori dell'ordine costituito avevano rinunciato,

    come lui, a qualsiasi azione violenta, ritenendola inadeguata in un'oasi certo miserabile ma dove regnava una pace sovrana, dovuta alla miseria stessa. Dove non c'è niente, anche i malvagi si rassegnano alla povertà. Tuttavia, se era facile prevedere il limite assegnato alla malvagità di uomini che vivevano in un paese economicamente anemico, non si poteva dimenticare la loro

    capacità a superarsi in abiezione, qualora fossero sostenuti e consigliati da malvagi di serie superiore venuti da fuori. Era una bella tentazione attribuire la decisione di turbare quella calma paradisiaca a una banda di provocatori locali sostenuti dalle risorse e dalla connivenza di una potenza straniera. Ma questa conclusione frettolosa non piaceva affatto a Samantar:

    evocava uno schema classico ripetuto troppo spesso, che presupponeva considerevoli interessi inesistenti in quella parte della penisola. La grande potenza imperialista che estendeva la propria influenza su tutti gli Stati del golfo aveva smesso d'interessarsi all'emirato da quando aveva accertato che il suo sottosuolo non conteneva nemmeno una goccia di petrolio.

    Allora a cosa mirava una simile provocazione? Samantar era convinto che la povertà d'un paese fosse l'unica difesa contro i rapaci, armati o no, che aspettavano una semplice speranza di profitto per partire alla conquista, fare a pezzi e ridurre in rovina; e ringraziava il cielo d'esser nato su una terra desertica, priva di preziose materie prime, abbastanza sgradevole da scoraggiare

    le menti calcolatrici.

    Ambizione nel deserto

Ambizione nel deserto

traduzione di Alessandro Bresolin

Collana: Dissensi

Pagine: 193

ISBN: 9788887583540

Disponibilità: Buona

Prezzo: 15.00 

«... relazioni inconfessabili, rimorsi nascosti, o semplicemente incorreggibile gusto per il gioco» - Afrika.com

Shaat accettava sempre con la stessa passione ogni vicenda che il caso gli faceva trovare sul cammino. Per lui non c’erano situazioni buone o cattive: ognuna meritava di essere vissuta con gusto, perché in ognuna c’era quel briciolo di spirito che salvava l’uomo dalla degenerazione della morte. Il nuovo impiego non aveva in alcun modo cambiato il suo carattere eminentemente frivolo. Dirigere una rivoluzione non implicava affatto rinunciare alla lucidità. La sua analisi dei valori e dei principi che da millenni reggevano la terra e gli uomini non era per nulla cambiata con l’impegno politico. Rimaneva sempre convinto della fondamentale stupidità del mondo e non aveva alcuna voglia di riformarlo.

A Dofa, piccolo e povero emirato della penisola arabica, la pace che regna sovrana grazie alla sua stessa miseria è in pericolo da quando è entrato in azione un fantomatico gruppo terrorista. In un luogo in cui tutti si conoscono, gli attentatori rimangono nell’ombra: non si capisce quali ricchezze vogliano spartirsi i rivoltosi; la potenza imperialista che controlla gli Stati vicini si disinteressa alla sorte dell’emirato, privo di petrolio. Chi manovra gli attentatori? Chi li protegge? Il protagonista decide di vederci chiaro, girando tra vicoli, bar e alcove per svelare il senso di quella misera cospirazione.

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Recensioni

• «Cossery, questo dandy solitario, continua a ripeterci che il mondo è popolato da impostori…» (Patrice Delbourg, L’Evenement du jeudi)

• «Strada facendo, il protagonista scoprirà, o non scoprirà, i moventi segreti delle azioni delle persone che lo circondano» (Khaled Elraz, Afrika.com)