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  • Il 5 novembre 1754 nasce a Mulazzo, vicino al Castello dei suoi avi incastrato nella roccia, Alessandro Malaspina, grande navigatore lunigiano al servizio della Spagna di Carlo III e Carlo IV di Borbone. Sarà un illuminista, fautore di riforme nell’impero spagnolo, difensore della libertà di ricerca, di pensiero, di religione e delle istanze democratiche

    scaturite dalla Rivoluzione Francese. Con una navigazione intorno alla Terra di oltre cinque anni solcherà gli oceani, raccogliendo una delle più vaste raccolte scientifiche della storia. Il padre è il marchese Carlo Morello Malaspina. La madre, Caterina Meli Lupi, appartenente alla famiglia dei principi di Soragna, viene da Parma. È la nipote, da parte di madre,

    di un aristocratico piacentino molto influente, Giovanni Fogliani Sforza d’Aragona, divenuto viceré di Sicilia. Giovanni apparteneva a una famiglia legata per tradizione alla corte di Parma. Seguì Elisabetta Farnese, quando l’affascinante principessa italiana, donna colta, molto dotata per le lingue, diplomatica, volitiva, perspicace, ambiziosa, andò in Spagna come

    sposa di Filippo V di Borbone, rimasto vedovo. Si trattava del nipote del re di Francia Luigi XIV, che dette inizio alla dinastia borbonica nel regno iberico. A Madrid il potere si trovava nelle mani di un altro piacentino, l’intelligente e abile cardinale Alberoni, attivo riformatore in un Paese complesso, arretrato, con un immenso impero. Giulio Alberoni era nato a

    Fiorenzuola d’Arda, vicino a Piacenza, nel 1664, primo di sei figli. Il padre lavorava come ortolano e giardiniere per alcune chiese di Piacenza. Il giovane, dopo aver faticato come bracciante, divenne sacrestano di Santa Brigida. Il vescovo di Barni, presso Como, che ne aveva intuito l’intelligenza, lo convinse ad abbracciare il sacerdozio e lo fece entrare nel capitolo della

    cattedrale. Di lui si diceva: «Furbo come il figlio di un ortolano». Giulio Alberoni iniziò la sua prestigiosa carriera seguendo Luigi Giuseppe di Borbone-Vendôme, comandante delle forze francesi in Italia, che lo portò a Parigi. Qui seppe conquistare la stima di Luigi XIV. Nel 1711, come segretario di Vendôme, arrivò in Spagna e collaborò a rafforzare il potere di Filippo V

    di Borbone. Entrambi i piacentini sostennero Elisabetta nel progetto di procurare ai propri figli un trono negli Stati italiani su cui i Farnese vantavano diritti di successione, come il Ducato di Parma e Piacenza e il Granducato di Toscana. Nel 1717 papa Clemente XI, su richiesta di Filippo V, lo creò cardinale. Elisabetta, con l’aiuto del cardinale Alberoni, divenuto primo ministro,

    guidò una politica forte, volta a riconquistare i possedimenti spagnoli in Italia, barcamenandosi tra le grandi potenze europee. Quando, però, Filippo V si impadronì della Sicilia e della Sardegna, la Spagna dovette affrontare la Quadruplice Alleanza austro-anglo-franco-olandese e fu sconfitta. Il re di Spagna, per non restare isolato in Europa, nel dicembre 1719, esautorò il

    cardinale e lo espulse. Nel 1720, con la pace dell’Aia, la guerra terminò. La Spagna rinunciò alle pretese sull’Italia del sud. Vittorio Amedeo II di Savoia cedette all’Austria la Sicilia, ottenendo la corona di Sardegna. Il Regno Sabaudo divenne Regno di Sardegna e tale resterà sino al compimento dell’Unità d’Italia, nel 1861. Nel 1724, Filippo V abdicò in favore del figlio di primo

    letto Luigi, principe delle Asturie, che morì pochi mesi dopo di vaiolo. Il padre riprese allora la corona. Elisabetta Farnese, che aveva saputo attendere, divenne ancora più potente, perché il marito, colpito da una grave malattia, stava perdendo le facoltà mentali. Con ammirevole capacità diplomatica continuò le trattative con l’Austria, che avanzava

    pretese sul trono spagnolo. Convinse gli austriaci a rinunciare alla Spagna, in cambio della sicurezza nei possedimenti ottenuti in Italia. Due anni dopo, nel 1731, si alleava con Francia e Gran Bretagna. Con l’aiuto dell’imperatore, riprendeva il Ducato di Parma e Piacenza per il proprio primogenito, don Carlo, Carlèt per la madre, di soli sedici anni. Successivamente, nel 1734,

    con una guerra lampo contro l’Austria, culminata con la vittoria di Bitonto, presso Bari, e la conquista del territorio napoletano per merito del duca giovinetto, sostenuto dal forte braccio di José Carrillo da Albornoz, conte di Montemar, la Spagna ritornava a impossessarsi del sud dell’Italia. Nel 1735, Carlo di Borbone veniva proclamato re di Sicilia e re di Napoli, che fece sua

    capitale. Aveva solo diciannove anni. Rifiutò di fregiarsi di un numero dopo il nome. Mise subito in cantiere profonde riforme illuministiche, stringendo proficui rapporti con gli intellettuali napoletani più avanzati. Con l’intelligente e attivo Bernardo Tanucci, appartenente alla borghesia toscana, come primo ministro, la sua politica assunse un largo

    respiro. Furono riammessi gli ebrei nel Regno di Napoli, mentre i beni ecclesiastici venivano ridimensionati. Giovanni Fogliani Sforza d’Aragona divenne viceré di Sicilia. Il figlio di Elisabetta fu il miglior sovrano del Mezzogiorno, insieme con Gioacchino Murat, il maresciallo di Napoleone, posto dall’imperatore francese sul trono dei Borboni all’inizio

    dell’Ottocento. Carlo aveva potuto rendersi autonomo dalla fortissima madre, divenuta duchessa di Parma e Piacenza, dove rimase al potere fino al 1748, quando passò la corona ducale all’altro figlio, Filippo. Nel 1759, alla morte del fratellastro Ferdinando VI, che aveva governato la Spagna alla scomparsa del loro padre Filippo V, divenuto Carlo III nell’elenco dei Borboni, lo

    sostituì sul trono iberico. In attesa del suo arrivo in Spagna, la madre assunse la reggenza. Morì nel 1766. Il re di Prussia, Federico II il Grande, così la descrisse: «Il cuore energico di un romano, la fierezza di uno spartano, la pertinacia di un inglese, l’astuzia di un italiano, la vivacità di un francese, concorsero a formare questa donna singolare». La famiglia aristocratica dei Malaspina

    di Mulazzo, una delle più antiche d’Italia, esprimeva nel nome del casato la dura vita del popolo durante il feudalesimo. La storia ci tramanda, incastonati nei nomi dei potenti, i molti soprusi e patimenti subiti dai sudditi poveri, sprovvisti di diritti, costretti a dare il proprio lavoro gratuitamente e a pagare ogni tipo di imposta agli aristocratici, unici a detenere il potere militare,

    politico ed economico. I Malaspina erano di origine obertenga, ossia discendenti da Oberto I, conte di Luni, appartenente alla stirpe longobarda degli Obertenghi. Dal feudo di Luni deriva il nome di Lunigiana. Nel 951, il re di Germania, futuro imperatore Ottone I il Grande, incoronato re d’Italia a Pavia, aveva trasformato la penisola

    italiana in un grande feudo tedesco. Oberto ottenne la marca della Liguria orientale, fondando una dinastia. Il ramo dei Malaspina nasce con Alberto, figlio di Obizzo Pallavicino. Rimase un’aristocrazia fedele all’imperatore del Sacro romano impero, quindi ghibellina. Oltre alla Lunigiana, ottenuta sconfiggendo nell’anno 1000 i vescovi conti di Luni,

    possedeva sugli Appennini i territori di Tortona, Volpedo, Piacenza, Bobbio fino a Varzi. Nel 1141, Alberto II, con i figli Obizzo III il Grande e Guglielmo, siglò un accordo di buon vicinato con Piacenza. L’impossibilità di estendere la loro influenza dai monti al mare ligure o toscano li costrinse a concentrare il proprio dominio sulle città dell’interno. Nel dodicesimo secolo

    arrivarono a costituire un potente centro di potere feudale che, attraverso una rete di fortificazioni, vigilava i valichi degli Appennini tra Emilia, Toscana, Liguria, Piemonte e Lombardia. Però la situazione non era mai del tutto sicura, a causa dell’avidità degli altri nobili trincerati nei loro castelli lungo e vie di comunicazione. D’altronde la Lunigiana era da sempre

    esposta a invasioni. Durante l’epoca ferrigna del Medioevo nella regione fu un susseguirsi di attacchi predatori e rappresaglie, come sistema di arricchimento in una terra di montagne e boschi, dove il benessere era assicurato soprattutto dal controllo delle vie di comunicazione. Si trattava di una zona molto contesa, nella quale si erano già alternati etruschi, romani,

    ostrogoti, bizantini, longobardi, franchi. Passerà per la Linigiana la famosa «via Francigena», che partendo da Canterbury passava attraverso la terra dei franchi. Collegava il Nord Europa a Roma e costituiva la strada sulla quale transitavano i commercianti e i pellegrini cristiani in viaggio verso la città di Pietro.

    Alessandro Malaspina

Alessandro Malaspina

Gli oceani. La prigione. Le illusioni

Collana: I Saggi

Pagine: 192

ISBN: 9788896350409

Disponibilità: Ottima

Prezzo: 12.00 

Una biografia affascinante come un libro di avventura

La bellezza della natura è tale da far superare la paura per i pericoli sempre incombenti, l’angoscia dell’ignoto, la nostalgia della famiglia e della patria lontane, la melanconia degli spazi sconfinati.

Alessandro Malaspina, cadetto di una famiglia nobile della Lunigiana, fu protagonista nella seconda metà del Settecento della più straordinaria spedizione scientifica mai tentata dall’uomo. Al comando di due corvette, al servizio della Spagna, si avventurò su tutti gli oceani del mondo, toccando terre mai esplorate e studiando, con alcuni dei migliori ricercatori del tempo, l’ambiente e le abitudini di popoli dei quali si ignorava perfino l’esistenza. L’impresa durò cinque anni, dal 1789 al 1794, tra rischi di naufragi e insidie di mare e di terra, mentre l’Europa bruciava il suo passato con la presa della Bastiglia per poi venire travolta dal ciclone napoleonico. Onorato all’inizio al pari di James Cook, morto Carlo III di Borbone, Malaspina fu ripagato dalla Spagna con la stessa moneta di Colombo: ingratitudine e carcere. Emilia Sarogni racconta, con l’accuratezza di uno storico e la passione di un romanziere, le vicende di un illuminista spinto ai confini della Terra da ideali di libertà e progresso. La memoria del comandante fu cancellata a causa di lotte politiche spietate e intrighi di donne fatali alle quali affidò il suo destino, preparato ad affrontare tempeste e bonacce, ma non inganni e lusinghe amorose.

Emilia Sarogni, nata a Piacenza, consigliere parlamentare dal 1976, è scrittrice, saggista e conferenziera, in Italia e all’estero. Per Edizioni Spartaco ha pubblicato nel 2012 Carlo Pisacane. L’amore. L’Italia. Il socialismo, presente nella Biblioteca del Congresso americano, Premio Emily Dickinson 2013 nella sezione biografica. Altre pubblicazioni: La donna italiana 1861-2000. Il lungo cammino verso i diritti (il Saggiatore); L’Italia e la Donna. La vita di Salvatore Morelli e i romanzi: Torino Addio e Il contrabbando della vita (Daniela Piazza Editore).

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