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di Piero Malagoli
Classifica Libri
Giugno, mese del PRIDE. Una parola che vuol dire orgoglio, dietro la quale vive un mondo di lotte, di abusi, di diritti, ma anche e soprattutto un mondo di persone: le loro identità, i loro amori, le loro speranze e le loro storie. In questo numero di Spartaco Magazine quattro autori hanno voluto immortalare in quattro diversi racconti, ognuno con il proprio stile e sensibilità, un’istantanea evocata dalla parola PRIDE.
Nel racconto di Flaminia Festuccia, che apre il numero di giugno, sono protagonisti i primi amori: tutti simili, tutti diversi, ognuno con una sua grammatica sentimentale che serve a decifrarne le sfaccettature.
Flaminia Festuccia, autrice di “La stagione dei papaveri“
DIZIONARIO SENTIMENTALE DEL PRIMO BACIO
1. Sguardo
A Marco quello che l’ha fregato di Saverio sono stati i riccioli. Gli occhi continuavano a tornare sulla sua nuca, calamitati da quei capelli ingovernabili eppure sensati, le spirali perfette che gli sfioravano il collo della felpa, una sensazione elettrica che sentiva lui nella punta delle dita all’idea di toccarli.
Girati, girati, girati ripeteva a mente durante le ore di lezione troppo lunghe, nel caldo sonnolento di un’aula troppo piena, termosifoni accesi fuori tempo e la voce ronzante della prof di matematica che parlava, parlava, parlava.
Saverio non si voltava mai, e lui rimaneva a fissargli i capelli ancora e ancora, immaginando di passarci in mezzo le dita.
2. Ciliegia
Valeria profuma di ciliegia quando gli viene vicino fuori scuola, gli fa una battuta e gli chiede se anche lui stasera sarà alla festa di Alice. Gli mette una mano sul braccio mentre parla, è tutta sorrisi «Sai, Alice ci tiene che siamo tutti, lo sai l’indirizzo? Possiamo andare insieme»
«Sì sì» le risponde distratto, e poi ancora «Vengo più tardi, ho gli allenamenti».
La bocca di Valeria si restringe in una piccola “o” di delusione, poi si allarga di nuovo
«Ci vediamo dopo allora».
Si allontana gettandosi i capelli dietro le spalle in un gesto tanto naturale quanto costruito.
«Le piaci» gli dice Saverio dopo che lei si è allontanata «Ti sei accorto di come ti guarda?».
Marco alza le spalle e pensa e tu? tu non ti accorgi di come ti guardo io?
3. Pallone
C’è una partita in tv. Marco alza il bicchiere pieno fino all’orlo e dice a voce troppo alta «Fatemi spazio» andandosi a incastrare tra il bracciolo e Saverio, che si sposta per farlo sedere ma poi si riallarga premendo la gamba contro la sua.
E va bene, il divano è piccolo, ma quante cose puoi leggere in un gesto così?
Il pallone vola da un lato all’altro del campo, Marco lo segue con un tifo indolente, tutto preso dal momento in cui Saverio gli ha sfilato il bicchiere di mano, ne ha preso un sorso, e poi se l’è tenuto lì dondolandoglielo davanti come una sfida.
«Eddai, è il mio» gli ha detto
«Ora non più» ha risposto Saverio, bevendo ancora
Marco si è allungato a riprenderselo ma ha calcolato male lo spazio. Gli ha urtato il gomito, invece, e il bicchiere ha fatto un salto finendo a terra. Saverio si è alzato di scatto, ha detto una parolaccia, una sola. Poi si è chinato ad asciugare con dei tovaglioli senza aggiungere altro, e Marco si è sentito un idiota per quel gesto goffo di prima, ma anche molto felice sbirciandogli da quella posizione la striscia di pelle tra i pantaloni e il bordo della maglietta, dove si vede uno stacco leggero di colore, ricordo sbiadito dell’estate.
4. Identità
Vede gli amici navigare incerti, ma con le vele ben tese, in tutto quel mare che sono le cose di coppia. Il mi piaci-ti piaccio di rito, le uscite la sera, un bacio rubato a una festa, un passaggio sotto casa che diventa un pretesto. Lui sta fermo a riva, senza nemmeno i piedi nell’acqua.
Pensa che non è molto corretto dare per scontato che questo gioco si giochi solo maschio-femmina. Pensa che sarebbe tutto più semplice se il coming out lo facessero tutti, non appena capiscono, senza grandi cerimonie ma almeno, ecco, per rendere la vita più semplice a quelli come lui. Tipo se il primo giorno di scuola ognuno arrivasse con una spilletta che dice chiaro e tondo in che campo gioca. Tipo se non fosse una faccenda così dannatamente seria per tutti sapere se chi ti piace è maschio o femmina. Lui, ad esempio, non è sicuro al cento per cento che gli piacciano i maschi, ma è sicuro al cento per cento che gli piace Saverio, con i riccioli ribelli e gli occhi chiari, le felpe larghe e i fianchi stretti.
5. Fumo
Saverio si accende un’altra sigaretta e ha l’aria cupa, poggiato al muretto fuori scuola.
«Ho preso di nuovo quattro in fisica, la stronza mi fa bocciare me lo sento».
«Non bocciano più nessuno».
«Sarò la fortunata eccezione allora».
Marco gli batte una mano sul braccio in un gesto che vuole essere solo rassicurante e che invece è l’ennesimo pretesto per toccarlo.
«Tu vai bene in fisica però».
Dice Saverio, e a Marco accelera un po’ il cuore per tutte le conseguenze che potrebbe avere quell’osservazione
«Beh? Che dici mi dai una mano a recuperare uno di questi pomeriggi? Poi ti offro un gelato».
6. Nocciola
«Io crema e cioccolato».
«Grande classico».
«E tu Marco?».
«Nocciola, con panna».
Il primo gelato della stagione al bar vicino scuola. È un sabato pomeriggio di primavera e chissà come sono rimasti soli, lì, gli altri tutti con i loro impegni, i motorini frementi decollati verso le promesse del weekend. Il banconista è un ragazzo nuovo, avrà pressappoco la loro età, e quei coni li carica troppo, piramidi in bilico su un supporto instabile. Marco ci si lancia quasi sopra, al suo, per paura che crolli tutto a terra. Si sporca una guancia e il mento
«Hai un tovagliolo? Guarda come mi sono ridotto».
Saverio lo fissa e sorride. Gli poggia l’indice proprio sul mento, sulle tracce di gelato alla nocciola. Aspetta. Marco conta i secondi che passano, uno, due, tre, quattro, cinque. Al sei sorride anche lui. Al dieci Saverio si avvicina un po’. Al quindici smette di essere una domanda. Al venti lo bacia.
7. Coraggio
Camminano per strada, le mani in tasca, senza guardarsi, senza parlare. Si sono dati appuntamento in centro, come una coppia ma anche come due amici. Marco guarda il loro riflesso nelle vetrine e gli sembra insieme troppo e troppo poco. Una settimana di messaggi senza senso a tutte le ore, di sguardi obliqui in classe, di ripassare ogni istante di quel bacio cercandoci il significato di tutte le cose, sognando solo di farlo succedere di nuovo. E ora, qui, a camminare con le mani in tasca, senza toccarsi, senza guardarsi.
Cosa dovrebbe essere, una specie di appuntamento?
Saverio ha quel sorrisetto obliquo e teso che sembra tanto di uno che si è pentito di essere lì. Marco sfoglia nervoso una lista di mille scuse plausibili per scappare prima che l’altro gli dica sai, hai frainteso, è stato un errore.
Poi girano in una stradina deserta, rallentano il passo, c’è un arco di fiori viola già fioriti. Oh, che cosa stupidamente romantica, pensa Marco, e si accorge che Saverio si è fermato e lo guarda ancora come se avesse il gelato spalmato su mezza faccia, e sotto quei fiori bellissimi si baciano la seconda volta.
8. Ragazze
«Ma come facevi a sapere che…».
«Non lo sapevo. Mi sono buttato. Se aspettavo te…».
Saverio ride e si allunga sul letto.
Marco ci è già stato altre volte a casa sua. Ora ha tutto un’aria diversa, di intima cospirazione. Si guarda intorno nella stanza e scruta i dettagli che gli parlano di lui, le foto e i poster e i vestiti di ieri lasciati sulla sedia.
«Vedi, la cosa comoda» dice Saverio facendogli cenno di chiudere la porta «È che nessuno si fa venire un infarto se ce ne stiamo qua dentro due ore».
Già, ai vantaggi non aveva pensato. Gli altri stanno sempre a lamentarsi di orari, coprifuoco, domande indiscrete e zero privacy con le ragazze.
Certo, prima o poi ai suoi lo vorrebbe dire, di lui. E allora chissà se saranno lo stesso così rilassati a saperli insieme. Per adesso però il segreto ha più pro che contro. La porta chiusa è un rettangolo bianco, una lavagna su cui legge un mondo di possibilità.
«Oh, ma che dici…poi ti fermi a dormire?».
9. PlayStation
Saverio non è il tipo che ti dice che ti ama, e con questo Marco ci sta venendo a patti, anche se lui glielo avrebbe urlato in faccia già un mese fa, due mesi fa, anche prima di conoscerlo lui lo amava, perché il modo in cui si sente con lui è qualcosa di mai provato prima.
Saverio è maledettamente scarso a giocare a Fifa e lui lo lascia vincere perché è troppo bello vederlo che si concentra tutto preso dalla partita e poi esulta a voce troppo alta alla fine del gioco, e poggia per terra il controller e lo bacia sul collo e gli infila le mani sotto la maglietta dicendo ti ho stracciato di nuovo, è ora del tuo premio di consolazione.
Saverio non è il tipo che ti dice che ti ama, e allora anche Marco rimanda giù le parole. Ogni giorno che passa è un po’ più difficile.
10. Orgoglio
“Se tu non fossi così orgoglioso”, del tipo: sei uno che non ammette i suoi errori, uno che non chiede mai scusa, uno che farsi vedere debole è il peccato mortale più grande. Uno che ha imparato in seconda elementare a cacciare dietro lacrime brucianti quella volta che aveva dimenticato il quaderno, che non sapeva la risposta alla domanda. Declinarla in modo diverso, questa parola, è uno strano salto logico.
Lui, ad esempio, non si sente orgoglioso di quello che è. Va bene in matematica e fisica, malino in italiano, malissimo in latino, sua madre non sarà mai del tutto fiera di lui finché non lo vedrà con un classico russo in mano, suo padre non vede l’ora che si iscriva a ingegneria ma lui ancora non ha deciso. Gli piace giocare a basket ma ultimamente tutto quel sudore sul campo gli sembra sprecato rispetto a quello che può fare con Saverio nei pomeriggi sempre troppo brevi in cui hanno casa libera e l’orecchio teso a sentire il cigolare del cancello, il tonfo del portone.
Non si sente diverso da nessuno. Ha diciassette anni, si è preso una cotta, quella cotta è diventata qualcosa di più, ha valicato gli argini, gli ha invaso la vita. Ha dato il primo bacio, si è innamorato, ha fatto l’amore la prima volta. Tutto incredibile, tutto perfettamente normale.
«Lo capisci che è questo il punto?» gli dice Saverio «Lo capisci che è questa la nostra fortuna?».
Saverio lo tira per un braccio, lo fa voltare. I riccioli che saltellano come una criniera allegra, un mezzo sorriso su cui Marco non vede l’ora di premere le labbra. Quando lo fa, morbido sul morbido, sapore di menta e un retrogusto che è lui e solo lui, Marco si sente timido e si sente felice e si sente ubriaco e si sente, finalmente, al posto giusto.
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