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31 Gennaio 2025

PAROLE DI PESO/4

Spartaco Magazine apre l’anno celebrando le parole e dedicando il suo primo numero del 2025 alla PAROLA DELL’ANNO appena trascorso, scelta dall’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani. RISPETTO, più forte dell’amore, più forte della vita: quello che Jacob Widlow ha un disperato bisogno di conquistare, nel mondo spietato e spigoloso della frontiera che si fa protagonista nel racconto di Flaminia Festuccia.

Flaminia Festuccia, autrice di “La stagione dei papaveri

FRATELLINO

Essere temuti da Francis Widlow vuol dire molto di più che essere amati. Matthew l’ha capito prima degli altri. A quattordici anni, lo supera di mezza spanna, e spara già meglio di lui.  Ride di una risata sonora ogni volta che Jacob o Lisbeth fanno qualcosa di goffo. Li guarda dall’alto in basso quando vengono puniti. Su di lui, il padre non alza le mani. Non c’è bisogno, perché Matthew non sbaglia. Monta a cavallo come ci fosse nato, prende i vitelli al lazo e blocca la fune con una mano sola. Bel ragazzo ti sei cresciuto, dice il vecchio Leroy a Francis, mentre lo guardano lavorare poggiati alla staccionata. Francis stringe le spalle in un modo che vuol essere modesto, ma si capisce che apprezza il complimento. Fa lo stesso gesto quando qualcuno dice che i suoi manzi sono i migliori della contea.

Jacob li ascolta mentre pianta la vanga nella terra dura dell’orto dietro al fienile. Pensa che non gli piacerebbe, a lui, essere guardato come un manzo pronto per il macello. Che è umiliante essere esibito come un pony da competizione ogni volta che ci sono visitatori al ranch, e suo fratello è solo uno stupido gonfio di boria. Affonda la zappa e cerca di ignorare il bruciore di stizza dietro agli occhi, il bruciore dei muscoli delle braccia che si affaticano con poco. Ha sedici anni, ma ne dimostra di meno. Colpa delle febbri che aveva da bambino e che lo hanno tormentato a lungo, dice sua madre. Colpa tua che lo hai sempre trattato come una bambina, dice suo padre. Se lei replica, lui butta qualcosa per aria, batte un pugno alla parete. Francis Widlow non è una persona a cui si può rispondere.

Jacob si veste veloce nel buio della mattina, veloce per il freddo, veloce anche perché nessuno lo guardi. Quel suo corpo gracile lo disgusta, il disgusto che ha notato negli occhi di suo padre quel giorno che lo ha visto a lavarsi alla fontana. Alla tua età, ha detto, io ero già al ranch di Mr Ford a guadagnarmi la paga. Jacob, spalle strette, gli aveva voltato la schiena. Guarda in faccia tuo padre quanto ti parlo, gli aveva tuonato. Se n’era tornato in casa, con la camicia ancora stretta in mano, le occhiatacce di sua madre perché le bagnava il pavimento. Dentro, c’era Matthew ancora al tavolo della colazione, la sedia reclinata all’indietro. Aveva alzato un sopracciglio, squadrandolo. Nei suoi occhi Jacob non ci aveva visto disprezzo, ma pena. Forse aveva fatto anche più male.

Sua madre dice che ama i figli tutti allo stesso modo. Jacob la scruta e non capisce, allora, perché ama Lisbeth con la complicità che provi per chi divide il tuo destino, Matthew con la speranza di giorni migliori, mentre a Jacob riserva l’amore pietoso che si prova per le creature deboli e inadatte. Lo guarda certe volte con gli occhi acquosi di quando alla vecchia Rosie era nato un vitello storpio, e lei era scappata dietro al capanno per non vedere Francis che lo macellava. Se è questo, l’amore, allora Jacob non lo vuole.

Matthew la mattina si siede stravaccato sulla sedia, gonfia i muscoli sotto la camicia e si serve un’altra porzione di pane di mais, poi dà un buffetto sulla guancia a Lisbeth che sparecchia, e Lisbeth arrossisce. Dice ma’, ho fame, fammi ancora due uova. Ha dei modi sbruffoni, Matthew, dei modi da uomo. Non gli interessa essere gentile e neanche farsi amare

Jacob lo odia, molto spesso. Lo detesta perché sa che Matthew ha ragione. Essere amati non serve a niente, se poi l’amore non basta a farti rispettare.

Suo padre di lui rispetta l’abilità con gli animali e con le pistole, l’energia feroce e inesauribile. Sua madre rispetta la voce profonda che Matthew ha messo su nell’ultimo anno, il fatto che da solo permette di portare avanti attività che in passato avevano richiesto di assumere un lavorante. Lo guarda come una promessa mantenuta.

Lisbeth un po’ ne ha paura, invece. Solo due anni fa era un compagno di giochi, ora è un adulto che la tratta coi modi che riserva agli animali poco utili ma piacevoli da avere attorno. Jacob preferisce girare a largo. Scaccia via Lisbeth che gli chiede di giocare o di aiutarla con qualche faccenda. In queste cose da femmine e da donne lui non vuole entrarci più.

Manca poco alla prima neve. Lo capisce dall’odore nell’aria, e dalle prime impronte dell’orso che vede al limitare del bosco. Rosie muggisce nervosa, la sera. Il mulo si rifiuta di addentrarsi. I cavalli si son spostati più a sud di qualche miglio.  

Bisogna fare qualcosa per l’orso, dice Francis una mattina, scrutando il terreno ghiacciato troppo vicino alla casa dove si vedono i segni delle zampe. Bisogna mettergli paura, se torna.

Mi ci faccio una pelliccia, quest’anno, ride Matthew, battendo la mano sul fianco, sulla fondina della pistola.

Jacob li sente parlare. Andranno stanotte, un’ora prima dell’alba. A lui non lo hanno detto.

Quando tutti vanno a dormire, lui resta sveglio. Aspetta che sulla casa cali il silenzio, e poi scivola al piano di sotto. Ha guardato Matthew preparare le munizioni per sé e per il padre con cura. Con la stessa cura Jacob le sostituisce con quelle a salve. Poi prende un altro fucile, lo carica. Lo nasconde sotto al letto, e si prepara. Aspetta il momento in cui li sentirà uscire, pronto a seguirli a poca distanza. Aspetta il momento in cui spareranno a vuoto, e lui arriverà a cavallo con il fucile carico e le munizioni giuste. Pensa allo sguardo che avrà suo padre per lui, pieno di rispetto. A come lo guarderà Matthew, riconoscente. È dolce quella fantasia, è un nido caldo che lo avvolge e lo culla. Fino a che non si sveglia, ed è mattino inoltrato.

Francis e Matthew Widlow saranno ritrovati dopo qualche ora, non lontani dal sentiero. Sul corpo i segni degli artigli dell’orso.

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