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18 Giugno 2025

LE PAROLE TRA NOI LEGGERE/1

Le parole tra noi leggere. Ma capaci di restare. Di aprire mondi, ferire dolcemente, accendere pensieri.

In occasione del Salone Internazionale del Libro di Torino 2025, Edizioni Spartaco ha invitato lettrici e lettori, bookblogger e autori emergenti a raccogliere una sfida: dare forma a un racconto ispirato al tema dell’edizione, “Le parole tra noi leggere”, e festeggiare così insieme i trent’anni della casa editrice.

Ne sono nate storie diverse per tono, voce e atmosfera, ma tutte accomunate da uno sguardo attento, da una scrittura che sa sostare sulle sfumature, da parole che sanno lasciare un segno.

I racconti vincitori del contest sono stati selezionati per originalità, coerenza con il tema e qualità narrativa. Un piccolo omaggio al potere della scrittura. E a chi sceglie ancora, ogni giorno, di abitare le parole.

Andrea Ventura nasce a Palermo nel 1990. Ha pubblicato cinque libri umoristici e il prossimo, “La leggenda dei tre compagni e del figlio della luna” uscirà per il Nido Editore.

LE PAROLE PIÙ LEGGERE

E il dito passò tra le parole…

«Chi mai sa pronunciare Eteroclito?» 

La parola “casa” non le mandava a dire, anche perché per natura era abituata a lasciare andare cose e fatti che non le andavano a genio. 

La parola Eteroclito, chiamata in causa, ridacchiò. Ormai aveva una certa esperienza, le dita le scivolavano addosso e chi voleva, poteva pronunciarla. Altrimenti niente, amen, tutti a casa, a proposito. 

«Se credi che io sia un cliente difficile, lascia che ti mostri pagina quarantasette.»

«Ah sì, i numeri. Sono difficili da leggere, eh.» concordò Casa. Ma Eteroclito scosse la testa, o comunque quello che per lei era la testa. 

«No, dico. Dito, va’ a pagina quarantasette.»

Sembrava davvero importante. Il dito sfogliò fino a laggiù e sia Casa che Eteroclito trovarono un termine pazzo: Epitalamio. 

«Oh. Ci siete arrivati, finalmente.»

«Sembri irritato.» disse Casa. «Ma non ho deciso io di chiamarti in questo modo così scemo. Voglio dire, c’è chi si chiama Pizza, Frutta, Banana, ma Epitalamio chi lo usa?»

«Sono parole. Solo parole.» Epitalamio prese un calice di vino, già riempito, e si diresse lì nel rigo dove c’era descritta una finestra e lì fuori che pioveva.

«Ricordati del diciotto di agosto, Casa. Quel giorno lì ho conosciuto una parola impronunciabile, per niente leggera come leggero è il termine che si è dato a se stesso.»

Casa non capì subito. Chiese a Eteroclito, che invece annuiva e concordava. 

«Mi spiegate?»

«Suvvia. Leggera è una parola leggera. Epitalamio non lo è. Non lo è. E tutto per colpa di quella fagiolata organizzata il diciotto di agosto.»

Casa decise di interpellare Cucchiaio. Lui doveva saperne qualcosa. Cercò e cercò, lungo il libro, ma non c’era. Nessuno aveva scritto la parola Cucchiaio in quel dannato romanzo. 

«Oh, insomma! Cos’è più difficile di Epitalamio?»

Una voce provenne da pagina cento. 

«Cernecchio. Piacere. Mi candido.»

Cernecchio. La parola Casa ebbe un sussulto, e non c’entravano le scosse. «E adesso tu cosa indichi?»

«Una ciocca di capelli arruffata e penzolante.»

Casa, però, non aveva capito. «Che vuol dire arruffata? Tu, Barba, ne sai qualcosa?»

Ma non c’era la parola Barba in quel romanzo. L’autore aveva estromesso tantissimi termini, c’era da dire. 

«Grigliata! Grigliata! Almeno tu, so che ci sei perché sei stata citata a pagina ventisei! Che vuol dire Cernecchio?»

«Arruffata, Casa.»

Sia Eteroclito che Epitalamio ridacchiarono. La povera Casa non capiva. Il libro era pieno zeppo di riferimenti a questi capelli arruffati, onusto di parole edàci, e non ci si capiva, perché erano fuori dalle classiche settemila parole che adoperiamo di solito. 

Insomma, tutte fuori Casa, appunto. 

«Va bene, va bene. Sono finita in un romanzo pieno di cavoli a merenda. Allora chiamerò Mamma, la parola più semplice di tutte! Lei ne saprà qualcosa!»

La Casa, aiutata dai fidi amici Eteroclito ed Epitalamio, cercarono lungo tutto il testo e la parola mamma era presente ventuno volte. E le ventuno mamme si alzarono, e presero il loro mattarello, e scacciarono le parole vetuste per sostituirle con qualcuna più comprensibili. 

Una sola mamma, invece, abbassò gli occhiali e disse «Ma io non sono mica tanto d’accordo, anche perché più parole strane ci sono, meglio si impara, o no?»

E La Casa si sentì un po’ in colpa. Poi ci ripensò, e il pappagallo dentro la casa, ché tutti ne hanno uno, rispose con la tipica voce di un pappagallo che aveva studiato: «Signora mia, questo è un libro e, dentro il libro, ci sono parole tra noi leggere.»

E il dito finì di scorrere le parole. Gustavo sospirò. Un bel romanzo, aveva pensato. Certo, ogni tanto le parole sparivano e riapparivano, ma le parole tra loro leggère erano diventate da lèggere.

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