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14 Febbraio 2025

IN MASCHERA!/2

Una maschera cela le sembianze di chi la indossa, rendendolo altro da sé. Può essere un espediente comico, un sotterfugio, un rimedio momentaneo. Maschere sono anche gli strati che velano la realtà e nascondono un mondo invisibile ai più. Perfino un abito da sposa può essere un travestimento reale, ingombrante, indossato nel luogo incantato DOVE AVVIENE LA MAGIA.

Flaminia Festuccia, autrice di “La stagione dei papaveri

DOVE AVVIENE LA MAGIA

Anche essere una sposa è una sorta di travestimento. Lara suda sotto al costume da Minnie, guarda la ragazza in abito bianco che si fa fotografare abbracciata a Topolino prima di tornare a rivolgere un sorriso radioso allo sposo.

Parigi in pieno aprile sa essere bipolare, ieri e tutta la notte venti gelidi e quella pioggia sottile che ti fa odiare il solo fatto di essere vivo. Ora, invece. Lara continua a sudare sotto al costume da mascotte, la testa enorme e pesante, e pensa che si è vestita troppo stamattina, temendo il freddo, e pensa che la sposa deve aver tremato guardando le previsioni, fatto qualche sacrificio pagano, sparso il sangue di una capra sulla targa dedicata al fondatore, cercato una pozione nell’antro della strega di Biancaneve. Ci saranno almeno ventiquattro gradi, adesso, e un sole dalla potenza pienamente estiva che fa arrossare la nuca e le guance dei turisti inglesi.

Lara pagherebbe per sganciare un attimo la maschera e respirare una boccata d’aria. La pelle delle braccia le pizzica sotto alle maniche elasticizzate di tessuto sintetico, spesso. La sposa sorride e fa grandi gesti alla schierata di personaggi in attesa di ordini.

La sposa sorride, e Raul l’altro giorno se n’è andato senza quasi salutare. È stato un puro caso se si sono incontrati quella mattina davanti ai residence dei dipendenti, lui senza il trucco e i vestiti del pirata Jack Sparrow, lei con la testa di Minnie sottobraccio.

«Non sei di turno, oggi?» gli aveva chiesto prima di notare la valigia. Piccola, perché nessuno si porta mai troppe cose, in quegli alloggi provvisori, in quei lavori provvisori.

Il sorrisetto imbarazzato di lui era stato una risposta sufficiente.

«Sarei passato a dirtelo, ma…»

Lara si era messa la testa di Minnie, allora, l’aveva assicurata bene al corpo del costume, salutandolo con la mano, come fa durante la sfilata del pomeriggio e quella della sera, l’enorme maschera con il sorriso perenne, il braccio alzato appena.

Lì funziona così. Lì, “where the magic happens” le anime sole si ritrovano la sera, in qualche stanza un po’ più accogliente. Qualcuno porta da bere. Certe volte nemmeno ti presenti per nome, identifichi gli altri con il ruolo che hanno dentro le mura del parco.

Lara sa che Topolino, quello della mattina, ha quasi cinquant’anni e un problema a pagare gli alimenti per i figli. L’altro Topolino, quello del pomeriggio, è fresco di liceo e grato al costume che nasconde l’acne prepotente che gli invade pure il collo. Da quelli che interpretano i principi di solito sta lontana. Li scelgono perché sono belli, e loro lo sanno. Non sono cattivi, presi uno ad uno, ma hanno quell’ansia di guardarsi sempre intorno per vedere se arriva qualcuno di meglio, anche mentre ti baciano contro un muro e ti promettono più fuochi d’artificio di quelli dello spettacolo notturno.

Stupida, la speranza di quegli ultimi tre mesi, che un pirata potesse essere migliore di un principe. 

La sposa confabula con il fotografo. Lara aspetta il suo turno, accanto alle principesse ma non troppo vicino. Come i principi, sono un po’ più in alto nella gerarchia del parco, i visi belli e giovani bloccati su sorrisi perenni. Ci vuole un percorso speciale, per essere un personaggio che si mostra a volto scoperto. Lara non le invidia. Già solo il fatto di poter rilassare l’espressione dietro al faccione sorridente di Minnie le pare un privilegio non da poco. Certe volte fa smorfie orrende ai bambini che le si avvicinano tirandola per le braccia, per il vestito. Mormora insulti attutiti dalla gommapiuma a certe coppie che girano mano nella mano, coperti di gadget, adulti che non hanno mai superato i sette anni di età mentale.

E questi sposi, pure. Lara li guarda e si sforza di capire chi dei due abbia avuto l’idea.

Lui se ne sta un po’ in disparte, con l’aria di uno che vorrebbe accendersi una sigaretta, di uno che scambierebbe la moglie con una sigaretta. La riconosce quell’espressione, Lara, perché anche lei ucciderebbe per farsi un tiro, adesso.

È decisamente la sposa il deus ex machina della giornata. Ha gli occhi luccicanti di una bambina che sta vivendo il giorno più bello della sua vita. Lara sospetta che c’entri ben poco col matrimonio, più con il potere di avere il mondo a disposizione. Ha l’aria un po’ tossica, pure, come se la sostanza anfetaminica, acida, di cui sono fatti i cartoni animati, le fosse penetrata sotto la pelle. Quando si mescola alle principesse per la foto di gruppo, si confonde in mezzo ai vestiti pieni di tulle, a quei visi truccati e perfetti, le pettinature tenute su con una lacca a prova di bomba che deve essere una ricetta speciale Disney. Più di una volta Lara ha aiutato una Cenerentola o una Rapunzel alle prime armi a smontare quelle impalcature alla fine di una giornata troppo lunga.

Le principesse circondano la sposa come damigelle d’onore. I principi aspettano appena in disparte, in attesa di mettere in scena la loro sfilata, gli omaggi alla sposa, la foto con lo sposo. Le foto che di solito fai con gli amici, pensa Lara. Valgono quanto gli amici, in fondo. Al matrimonio di Vittoria, tre anni fa, lei era tra le damigelle, tutte vestite di verde, tutte con un piccolo bouquet di peonie rosate. In sei insieme alla sposa in un numero indefinito di foto. Tre anni dopo, non ha idea di che fine abbiano fatto, tutte quante. Vittoria compresa. Ha visto su Instagram che è incinta, l’altro giorno, senza nemmeno la voglia di mandarle una frase di circostanza.

Il fotografo gesticola nella sua direzione. È il gran finale, la foto con il finto taglio della torta insieme a Minnie e Topolino. La benedizione della coppia perfetta.

Li lascia sotto l’arco di rose a scambiarsi un bacio di scena con la silhouette del castello sullo sfondo. Svicola nell’area fumatori stando attenta a non farsi notare troppo dai visitatori. Dopo il bando totale del fumo dai parchi, queste aree sono rimaste una piccola zana franca, dove i pochi frequentatori condividono il vizio. Sono anche meno curate, spazi semiclandestini dove si insinua la realtà sotto la patina della favola. Sgancia la testa di Minnie, la posa con attenzione a terra accanto a una panchina sbilenca. Ritraendo macchinosamente un braccio dentro al costume, riesce a far uscir fuori il pacchetto, l’accendino. Si guarda intorno in cerca di aiuto – non sarebbe la prima volta che brucia un guanto nel tentativo di accendersi una sigaretta, stupidi guanti estremamente infiammabili e troppo costosi da rimpiazzare.

«Posso?»  Una voce alle spalle, una mano che prende l’accendino, il pacchetto. È lo sposo di oggi. Fa uscir fuori due sigarette, le accende, ne mette una tra le labbra di Lara. Lei lo guarda con un filo di sospetto. Non sembra malizioso, però. Solo stanco.

«Congratulazioni» 

Lui non risponde, si abbandona contro lo schienale della panchina. Socchiude gli occhi nella luce obliqua del pomeriggio, a Lara sembra di vedergli attraverso. Quando finiscono di fumare, quasi all’unisono, gettano il mozzicone nel posacenere, si scambiano un sorriso a metà. Poi ognuno rimette la sua maschera, torna a quello che l’aspetta.

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