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Classifica Libri
Scoprire uno scrittore dimenticato è sempre un atto avventuroso, come aprire la scatola di fiammiferi depositata sul fondo del cassetto, quella nascosta tra cento altre uguali, e rimanere sconcertati dal suo contenuto.
Esattamente un senso di sconcerto, e di colpa, proviene dalla lettura delle opere di Giose Rimanelli, nato quasi cent’anni fa in un piccolo borgo molisano con un nome che sa di antico. Con l’America nel sangue, quella realtà gli sarebbe presto andata stretta e un’inquietudine feroce lo avrebbe gettato, giovanissimo, nel gorgo della guerra, creatrice di fantasmi destinati a volargli sempre attorno. La guerra, però, ne fa anche uno scrittore, che curerà fino alla fine le proprie ferite con una scatenata grafomania.
Il primo libro, Tiro al piccione, viene apprezzato da Cesare Pavese, che ne incoraggia la pubblicazione presso Einaudi, ma Rimanelli è già un autore scomodo, perché ha raccontato la Resistenza dalla parte sbagliata. Le peripezie editoriali lo battezzano quale irregolare e misfit, come ha detto qualcuno; intanto le peregrinazioni, con un piede a Roma e l’altro a Parigi, saltando in autostop dalla Svizzera alla Svezia, dalla Lapponia al Sud Italia. Arriva a dormire sotto i ponti, allora per sopravvivere fa il pugile in incontri truccati e scrive tesi di laurea per studenti svogliati. Diventa amico di Jovine e Alvaro, cominciano le collaborazioni giornalistiche, per un attimo pure cinematografiche (scrive il soggetto di Suor Letizia con Anna Magnani) e televisive (è autore con Giuseppe Berto di uno splendido documentario sul Mezzogiorno moderno). Ma è un’altra la collaborazione che si rivela fatale, quella con il settimanale “Lo specchio”, dove pubblica sotto pseudonimo articoli al vetriolo sulla scena letteraria italiana, subito raccolti in un volume dal titolo eloquente di Mestiere del furbo. Così firma la sua condanna e nonostante Ungaretti abbia appena definito “poetico” il suo ultimo romanzo molte porte si chiudono e Rimanelli decide di emigrare, seguendo le orme dei genitori e dei nonni ancor prima.
L’America gli apre le porte dell’accademia, grazie a una lettura tenuta alla Biblioteca del Congresso di Washington: lavorerà a Yale, Vancouver, Los Angeles, New York. La sua ansia di andare non si placa, ne è un esempio il viaggio in Messico compiuto nel solco di Malcolm Lowry e Charles Olson, tra sbornie e fortunose esplorazioni della giungla maya. E poi c’è il corpo a corpo con la cultura statunitense: le rivolte razziali, la guerra in Vietnam, le proteste studentesche narrate in Tragica America, ma soprattutto la meditata appropriazione della lingua inglese. Anthony Burgess, l’autore di Arancia meccanica, osserva che al pari dei forestieri Conrad, Beckett e Nabokov egli ha le armi per ringiovanirla.
Sono anni di grandi trasformazioni, che si riflettono su una scrittura sempre più sperimentale: molto prima dei romanzi redatti a quattro mani con le intelligenze artificiali (si veda Rocco Tanica, 2022), usa un apparecchio elettronico per disarticolare i suoni di certi pezzi in prosa e realizzare la sua Macchina paranoica. In Benedetta in Guysterland, primo lavoro in inglese, assembla un macro-collage testuale per una saga di mafia italo-americana alternativa (a partire dal punto di vista femminile) a quella del Padrino, usando tessere che vanno dai classici ai magazines, da Omero a Esquire.
La distanza non estingue il legame viscerale con la terra di origine, anzi lo rinfocola e il Molise diventa un faro di memoria per Giose, che non smette di attingervi con la penna e torna a percorrerne i chilometri in sella a una moto che chiama Ronzinante. Allacciata ai suoi fianchi la donna che ama, Ciliegia; ad attenderlo nelle tappe future del suo vagare transoceanico Seb e gli altri sodali, che dalle università italiane ne indagano e promuovono i libri recenti e lontani. Gli ultimi anni sono all’insegna di una re-immersione nella parola dell’infanzia, il dialetto, e di una terapia del ricordo che si fa autobiografia e storia di famiglia.
Ma, allora, cosa c’è dentro questa scatola di fiammiferi?
Un mondo di letteratura avvincente come la vita appena tratteggiata, in cui i labirinti della psiche possono seguire il ritmo di una tromba jazz, Picasso può dare un tea party con ospiti i personaggi dei suoi quadri (inferociti per le storpiature subite), i gangster possono baciarsi anziché uccidersi, una vicenda di buon vicinato a Detroit può sfociare in un festino a base di carne umana.
Una letteratura di mondo carica del mito del viaggio, che produce l’On the road della letteratura italiana prima del mito di Kerouac, bilingue e trilingue ma inventata da un uomo che amava ribadire come il suo paese fosse solo lo scrivere.
Un mondo che ci parla oggi, testimoniando l’orrore della guerra e la fatica del migrare, i limiti delle barriere identitarie e le risorse delle contaminazioni culturali, le possibilità dell’avanguardia e le bellezze della tradizione.
Basta ascoltarlo…
Etichette: Alessio Bottone, autore, Giose Rimanelli