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26 Settembre 2017

“La lettura viene prima della scrittura”. Consigli di scrittura

«Scrivere è un lavoro e dunque chiede il giusto tempo a disposizione».

Quando scrivi? Dove?

«Ho scritto i miei due romanzi durante i mesi estivi. Il resto dell’anno, in genere, è dedicato alla rilettura e alle necessarie correzioni o all’altrettanto necessario lavoro di snellimento. Nel senso che l’ultima fase di scrittura quasi sempre è riservata a togliere quanto di inessenziale o sovrabbondante rimane nel libro dopo la prima stesura. E non mi riferisco agli elementi della storia come la trama, la descrizione dei luoghi o dei personaggi, ciò che accade in questa o in quella sequenza narrativa. Il lavoro di snellimento ha a che fare anche – forse soprattutto – con la scrittura in sé che, per quanto mi riguarda, deve tendere a essere una scrittura chiara e soprattutto rispettosa della lingua. Penso ovviamente alla grammatica e alla sintassi da cui, secondo me, non si può prescindere quando si racconta una storia. In questo sono molto condizionato dal modo di scrivere di chi non sempre opera una netta distinzione tra scrittura saggistica e scrittura narrativa. Penso, per fare solo pochi esempi, a Thomas Mann o a Pietro Citati o a Leonardo Sciascia. E ad alcuni libri di Claudio Magris come Danubio o Microcosmi. Anche se Magris, da estimatore di Ernesto Sábato, conosce bene la differenza tra scrittura diurna e scrittura notturna. In definitiva – e per rimanere dalle parti di Magris – anche io penso che esista una relazione molto intima tra scrivere bene e pensare bene. Scrivo nel mio studio, in mezzo ai miei libri. E ci deve essere sempre della musica. Se classica o pop o jazz o folk, questo dipende da ciò che in quel momento ho bisogno e piacere di ascoltare».

 

Scrittura estemporanea o metodica? Utilizzi il Pc o penna e carta?

«Sono assolutamente metodico. D’estate scrivo di mattina dalle 8 alle 12, in altri periodi dell’anno dalle 15 alle 18. In fase di prima stesura 1000-1500 parole al giorno che equivalgono, più o meno, a tre-quattro pagine dattiloscritte. Queste ore di lavoro sono frequentemente interrotte da altre attività: preparare il caffè, cambiare musica, guardare dalla finestra quello che c’è fuori».

 

Trucchi per i neofiti? Consigli dettati dall’esperienza?

«Non credo che ci siano trucchi. Se si ha una storia da raccontare, ci si siede  e si comincia a lavorare. Il resto viene da sé, e ognuno trova da sé la propria strada. Per questo non credo di avere consigli da dare. L’unica cosa che dico sempre, ma perché è una mia passione e credo che sia fondamentale per chi voglia scrivere, è che la lettura viene prima della scrittura. Ma mi rendo conto di quanto questo sia soggettivo e non valga per tutti. Io posso stare mesi senza scrivere una sola parola. Ma se passano due giorni senza che abbia letto almeno qualche pagina, comincio ad avvertire un senso di inquietudine. Credo di avere il sacro fuoco della lettura e non della scrittura. E sono contento che sia così».

 

Dove trovi l’ispirazione? Ma, soprattutto, che cos’è l’ispirazione?

«Inizio dalla seconda parte della domanda perché devo dire una cosa che forse sarà poco utile. In effetti io non so cosa sia l’ispirazione. Ho deciso di scrivere Ho una storia per te perché un amico mi ha raccontato una storia personale bella e tremenda che mi sembrava necessario dovesse essere raccontata. Ovviamente nel libro c’è stato un rimescolamento romanzesco, ma il primo desiderio di raccontare è venuto dall’aver ascoltato quella che poi nel romanzo è diventata una parte della storia che ho scritto».

Attilio Coco (1958, lucano) è insegnante di Italiano e Storia negli istituti secondari di secondo grado e critico cinematografico. Vive e lavora a Roma. Di critica cinematografica si occupa dall’inizio degli anni Novanta, prima sulle pagine lucane del Giornale di Napoli e, dal 1993, sulla rivista Segnocinema. Ha pubblicato saggi sui film non realizzati di Pier Paolo Pasolini, sul cinema italiano degli anni Novanta, sulle strategie attoriali di Clint Eastwood, sulle serie televisive americane, sul rapporto tra cinema italiano e mondo contadino. Docente presso il Mim (Master dell’immaginario) della Morris, Casini&Partners di Roma, ha pubblicato il volume Sguardi d’autore. Visioni e immagini cinematografiche della Basilicata (Pianeta Libro Editore 2000) sul cinema meridionale di Francesco Rosi e di Pier Paolo Pasolini. Ha scritto il saggio La passione di Cristo ovvero lo Spazio e il Tempo della Visione, apparso nel volumeIl cinema di Mel Gibson, curato da Fabio Zanello (Edizioni Il Foglio 2004). Ha collaborato al XII volume della Storia del cinema italiano, a cura di Flavio De Bernardinis (Marsilio – Edizioni di Bianco & Nero 2009). Cura un blog (www.attiliococo.blogspot.com) in cui parla di libri e della sua esperienza di lettore. Con Edizioni Spartaco ha pubblicato i romanzi “Ho una storia per te” e “L’odore della polvere da sparo“.

 

 

 

Etichette: Attilio Coco, consigli di scrittura, ho una storia per te, ispirazione, L'odore della polvere da sparo