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Questo settimo libro del bel progetto editoriale di Spartaco ― che ringrazio per la sua volontà di strappare all’oblio L’anima dei fiori con intelligenza emotiva, rigore filologico e leggerezza, in sintonia con le esigenze dei lettori di oggi ― vede la luce a poca distanza da una dolorosa notizia: la scomparsa della nobildonna Adriana Taglioni Gherardini, la quale ci ha lasciato alla vigilia della primavera, il 20 marzo 2022. A lei, con infinito rimpianto e immutato affetto filiale, è dunque dedicato questo penultimo tassello di un mosaico floreale che purtroppo Adriana non ha fatto in tempo a vedere completato, come avremmo desiderato. Ci mancherà molto la consuetudine del confronto stimolante con una Amica sincera, ironica, competente, partecipe e per anni vicina — con acuto senso critico mai disgiunto da un intatto entusiasmo giovanile e da una inesauribile curiosità — a tutti gli studiosi che si impegnano con passione e rispetto a onorare la traiettoria esistenziale e professionale della sua illustre ava, di cui ha custodito fino all’ultimo la memoria.
Indimenticabile figura di rara eleganza, generosità e finezza intellettuale, Donna Adriana era nata a Roma il 29 gennaio 1926 all’unione di Eleonora Natale (figlia di Matilde Serao e Giuseppe Natale) e Pietro Taglioni. Nipote diretta della grande scrittrice, pur avendo perso la nonna quando aveva soltanto un anno e mezzo, è così cresciuta nel suo culto attraverso i racconti quotidiani della madre, rispecchiandone tuttavia anche i talenti da “discendente d’arte” e di vita nel senso pieno del termine. È stata infatti artista poliedrica, dotata di una verve ironica e brillante quanto il suo versatile ingegno; eclettica autrice di testi teatrali sin dall’età di 16 anni, racconti e fiabe per bambini; ex attrice e doppiatrice poliglotta (prestò la sua voce a Gina Lollobrigida per la Metro Goldwin Mayer), già Student Assistant nel 1945 alla Facoltà di Italianistica dell’università di Londra; pittrice di talento e fine ritrattista; autorevole e intuitiva grafologa (per la Rai interpretò scritti di celebri personaggi del ‘900, studiandone le caratteristiche psicologiche attraverso la loro scrittura); e, in gioventù, campionessa della nazionale di nuoto, nonché ricercata e feconda conferenziera e collaboratrice di diversi giornali di idee liberali.
Di lei Giovanni Artieri disse: chi parla così bene, scrive bene. E Donna Adriana lo ha dimostrato, l’ultima volta, nel suo incisivo ritratto di nonna Matilde Serao dal titolo «Una regina. Di cuori e di anime» che le chiesi per accluderlo, con un’altra bella testimonianza di famiglia di Paolo Scarfoglio, in appendice al volume corale Visibili, invisibili. Matilde Serao e le donne dell’Italia post-unitaria (CNR/Cug, Roma 2016). Ma lei, schermendosi dai suoi affascinanti trascorsi, minimizzava, con eloquente understatement alieno da volgari ostentazioni e specchio del suo profilo di fine riservatezza: sposa del marchese Piero Gherardini, madre di quattro figli e nonna di tredici nipoti, ha infatti sempre scelto di anteporre la famiglia ad una pur promettente carriera. Perciò amava ripetermi, con l’ironia di una risata contagiosa di seraiana memoria: «Sono solo una grande dilettante dei miei talenti. I miei sono stati trionfi… silenziosi».
Tornando con la consueta discrezione alla casa del Padre in cui ha sempre creduto, traendo conforto costante dalla fede nella sua quasi secolare e operosa vita illuminata da un sorriso che, come in un verso di Yeats, dissimulava qualunque “eccesso di pena”, sono certa che ora sarà felice di poter finalmente abbracciare la Nonna, nella cui venerazione è cresciuta.
Grazie, Adriana, dell’onore della tua amicizia e del privilegio del tuo affetto.