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20 Ottobre 2020

A proposito di Fernando Bermúdez e La Metà del Doppio

Quando leggiamo un libro il nostro sguardo scorre in orizzontale, da sinistra a destra (in taluni casi viceversa, oppure dall’alto in basso), seguendo le parole stampate sulle pagine. Accostiamo una parola all’altra, assorbiamo frasi, periodi, rispettiamo la punteggiatura quando c’è, che ci fornisce indicazioni di pause, tempi e ritmo sia nella lettura silenziosa che ad alta voce. Nei casi migliori accade che i contenuti di quella scrittura orizzontale ci imprimono uno scarto, prima la lettura è accompagnata nel profondo e poi s’impenna, diventa verticale. Abbiamo detto nei casi migliori perché ci sono scrittori che usano parole, che costruiscono frasi, che suggeriscono immagini, che creano trame che entrano nella mente di chi legge e lo trasportano su piani di immaginazione e riflessione, su piani mentali fatti e fitti di pensieri che si rincorrono e si sdoppiano per gemmazioni continue e voli astratti.

Le trame allora non sono che pretesti, e noi riflettiamo sul non detto, sulla riduzione, sulla “metà del doppio”, elaboriamo. Fernando Bermúdez è uno di questi scrittori, uno che sa aprire scenari, che ci accompagna in percorsi di conoscenza, che ci offre piani di evasione dal reale e non certo per disimpegno, ma per analizzare dal di fuori -e con più precisione- la multiforme realtà .È uno scrittore che ci propone l’ineffabile della realtà e delle nostre esistenze, l’indicibile, la circolarità del tempo e le ambiguità del caso. Se dobbiamo proprio definirla, la sua scrittura può essere accostata al genere fantastico, con frequenti ricorsi alla dialettica del vero/falso e a percorsi minati che nascondono crepe e trabocchetti.

Durante la nostra lettura mentale Bermúdez dialoga con noi e ci induce a pensare. In questi racconti sa dare del tu al lettore, sa prenderlo per mano e accompagnarlo nel viaggio. A volte ci stupisce con le sue architetture ardite, a volte ci fa sorridere con una qualità di umorismo di tipo pirandelliano. In ogni caso ci offre un’esperienza di lettura che lascia il segno, che non dimenticheremo facilmente. Fernando Bermúdez è uno scrittore argentino; non poteva che essere figlio di quella grande letteratura che tanti autori di culto può vantare, che tante opere maestre ha regalato al mondo e che continua a proporsi con grande vitalità fino ai nostri giorni. Ma è bene aggiungere che l’argentinità di Bermúdez non è uno stereotipo, non basta dire che ha formazione e cultura post-borgesiane; è qualcosa di più complesso, che ha a che vedere con la sua formazione linguistica e con un tempo di vita (quasi la metà) trascorsa in Svezia. Questa doppiezza si capirà leggendo i suoi testi. I racconti de La metà del doppio, con quella scrittura così articolata, che gioca a carte scoperte mostrando al lettore gli espedienti narrativi (quasi un seminario di narratologia), ci fanno pensare che ancora la Letteratura ha un futuro, che ha ancora tante frecce nella sua faretra, che le sue possibilità non si esauriscono né si standardizzano, ma si raffinano e si espandono. E ci fanno pensare ai motivi per cui leggiamo e a cosa leggiamo.

La mappa della conoscenza -se quella cerchiamo- non ci indicherà mai un punto d’arrivo. I sette racconti di questo libro non hanno finali chiuse perché il percorso mentale in cui ci ha accompagnato l’autore è stato labirintico, fatto di sentieri che si biforcano e di pensieri che si sdoppiano, si moltiplicano, generano sé stessi. E tanto più capiamo e superiamo le allusioni testuali, tanto più voliamo alto, tanto più ci arricchiamo di conoscenza. I sette racconti di Bermúdez sono sentieri nella foresta delle parole, punti da cui prendere lo slancio e innalzarsi per abbracciare col nostro sguardo il mondo e noi stessi nel mondo.

Giovanni Barone, già funzionario del ministero dell’Istruzione e poi degli Esteri, e collaboratore presso il Consolato generale d’Italia a Rosario in Argentina in programmi di diffusione della lingua e della cultura italiana. Per la casa editrice e/o ha tradotto «Animali domestici» dell’argentino Guillermo Saccomanno e «Carne di cane» del cubano Pedro Jan Gutierrez.

Guarda la video intervista del curatore Gianni Barone e dell’autore Fernando Bermúdez