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  • Intro

    Nel pianeta eletto regnava la stabile armonia. In quello delle esistenze perdute, le sorprese erano quasi sempre in peggio, quando arrivavano. Ma la vita può cambiare in un flash che stravolge ogni calcolo e spiazza la presunzione della stabilità. Spesso è crudele, a volte munifica. Quanto accadde ai protagonisti di questa storia merita di essere raccontato proprio per

    quell’attimo che cambiò le loro esistenze. I due uomini venivano da mondi opposti. Uno aveva tutto il tempo che voleva ed era al riparo dalle preoccupazioni. All’altro il tempo stava scappando via ed era afflitto da mille paure. Entrambi si trovarono a lottare per una canzone e le loro vicende finirono per combaciare come in un disco in vinile. Lato A e lato B.

    Che la musica inizi.

    All’inizio fu la trans-globalizzazione. Lo spazio del pianeta era sempre più avvelenato. Vi rimasero confinati gli ultimi, gli schiavi precari, i disadattati, la feccia e la massa gelatinosa dei perdenti. Il mondo era fatto di satelliti che percorrevano orbite concentriche secondo una scala ascendente di gerarchia e benessere. Tutti avevano un rating

    esistenziale, una stima del loro valore che ne definiva le possibilità. Si saliva dalla povertà estrema a una relativa agiatezza, comunque provvisoria. L’insicurezza era il cemento della trans-globalizzazione. Lo zelo, le aspirazioni, la dedizione dei sottomessi, sempre in bilico, sul filo dell’arretramento di posizione, garantivano solidità al sistema. Più si saliva, più le distanze tra

    i satelliti e il pianeta perduto aumentavano. Si arrivava fino a toccare il cielo e a sospendere il tempo. Nel punto più alto c’erano gli immortali. All’inizio fu la trans-globalizzazione. Ed è ancora così. Comincerò dunque dalla fine, perché il tempo è irrilevante ormai. Ore, anni... Puri dati di fatto che un immortale può permettersi di ignorare. La mia esistenza si gioca

    al top. Cittadino a tripla A. Meritevole di una mente che si autorigenera e di un corpo sempre giovane clonabile a piacimento. Non vi è potere sopra di noi. Il governo lo lasciamo ai doppia A, che dominano tanto i Virtuosi devoti quanto i retrocessi in serie B, il rating dei perdenti, il marchio di fabbrica del pianeta perduto. Il potere corrode la vita di chi lo subisce e l’anima di chi lo

    esercita. Noi siamo oltre. Possiamo contemplare. Guardiamo le stelle ed esploriamo il cosmo nella città della notte perenne, oppure ci scaldiamo al sole laddove la luce del giorno è eterna. I pensieri fanno da sobria cornice alla nostra esistenza infinita. Nessun vero giorno, nel modo in cui lo intendete voi. Nessuna notte. Il sonno rigenera, certo, ma noi non abbiamo più bisogno di

    ricariche. Niente sogni, se non quelli artificiali che ci iniettiamo per fare breccia nel muro di lucidità che ci separa dal resto. Siamo destinati al livello più alto. Per sempre. Un immortale a tripla A non può tornare indietro. A proposito di immortalità... Voi non sapete che cosa sia. Ve la siete sempre raffigurata come uno stato di beatitudine eterna: un mondo di belli che

    gozzovigliano, si nutrono di bacche, oziano e fanno incessantemente l’amore. Alquanto ingenua, come visione. Che l’aspetto ludico esista, è innegabile, ma è rilevante quanto l’aria che entra ed esce sotto forma di respiro dai nostri polmoni rigenerati. Una funzione superflua, che manteniamo per abitudine. Essere immortali significa vivere in un presente esteso. Non so quando

    sono nato né da dove vengo. Stupirebbe il contrario. Un immortale deve risultare increato. Come se esistesse da sempre. Per arrivare fin qui abbiamo dovuto recidere il legame con le origini, ripulirci del passato di mortali. Trattamenti di oblio, e quel passato ci appare lontano e improbabile quanto una leggenda. Successo, esercizio spregiudicato del

    potere, un premio trans-globale per la pace... Chissà. Ci siamo lasciati dietro un tempo indefinito che è lo stesso che ci troviamo davanti. Abbiamo perso interesse per una dimensione morta e sepolta, siamo resuscitati a eterna vita, e quando ci annoiamo, eccoci a un altro trattamento di oblio per tornare a un nuovo punto di partenza. L’Rsm, il Resettaggio Selettivo

    della Memoria, ripulisce la mente dai ricordi che l’appesantiscono e l’appassiscono. La nostra bomba intelligente è un piccolo ago studiato apposta per colpire con precisione gli obiettivi. Sparato da una pistola, s’infila sotto pelle per inoculare il dolce nettare della dimenticanza che anestetizza i traumi, cancella il superfluo, restituisce spazi

    di memoria per registrare le sensazioni come fossero vergini. Siamo liberi e belli come la schiuma di uno shampoo. Liberi dall’accumulo di esperienza che a lungo andare fa tutto risaputo. Liberi dai ricordi che potrebbero guastare la nostra leggerezza. Liberi dalla sofferenza e dalla paura. Possiamo ricominciare senza perdere l’identità, il filo conduttore della nostra esistenza,

    le cose preziose che abbiamo imparato, già padroni del linguaggio e della comunicazione telepatica. Sapersi muovere nella rete della mente condivisa è un’esperienza difficile da spiegare. È un abbraccio con entità invisibili. Gli altri sono idee, non c’è contatto con corpi o voci. I nostri pensieri s’intrecciano, galleggiano in superficie, s’incontrano.

    Scambiamo impressioni, valutiamo le affinità, ci lasciamo trasportare dalle fluttuazioni mentali per poi tornare a noi stessi o alla remota possibilità di un incontro in carne e ossa. Non ci sono amici, tra noi. Piuttosto conoscenze intime. Non ricordo i loro volti più di quanto possa ricordare i miei anni. Solo un nome resiste all’oblio. È la mia anomalia a tripla A. Si chiama Elisia,

    un’immortale che vive in ascetica contemplazione. Il suo incedere è elegante, ha un portamento unico, bellezza e sensualità allo stato puro. Predica la castità perché pretende di essere già in paradiso. È il problema delle sacerdotesse. Si sentono a un passo da dio, e attendono che dio si manifesti tra loro per accoglierle. Puntano alla santità e dunque

    rinunciano al lato piacevole della nostra condizione, preferendo vivere in disparte. Ma non è della sua bellezza che voglio parlarvi: non è per questo che il suo ricordo persiste. Un giorno, non saprei dire quando, Elisia mi ha raggiunto con un messaggio telepatico, semplice ed enigmatico al tempo stesso: «Scrivimi una canzone» mi ha detto. Non ha dato troppe

    spiegazioni,non ha chiarito se fosse un gioco, uno scherzo o qualcosa di più. Da allora solo silenzio. È stata una richiesta allusiva e sfuggente. Perché una canzone, una dimensione aliena quanto la pretesa di scrivere sull’aria? Perché chiedermi questo? Inutili domande. Il suo mistero è aumentato a dismisura, come il desiderio. Elisia è entrata nella mia mente. E io non riesco a scacciarla.

    La canzone dell'immortale

La canzone dell’immortale

Pubblicazione: 2 marzo 2017

Collana: Dissensi

Pagine: 160

ISBN: 9788896350621

Disponibilità: Ottima

Prezzo: 11.00 

L’Immortale non prova emozioni. Il Derivato ha perso l’ispirazione. Una canzone li salverà entrambi

«Se hai coraggio, fai qualcosa di veramente speciale per me. Crea, immortale, se ti è rimasto qualcosa da dire».

In un mondo trans-globalizzato, le persone sono considerate alla stregua di prodotti finanziari. Dalla categoria dei derivati di classe B – gente letteralmente alla deriva – si sale fino ad arrivare ai tripla A, esseri eterni, sempre giovani, menti superiori. È a questi estremi che appartengono i protagonisti del romanzo.

L’immortale racconta il suo tempo immobile, che viene rotto dall’insolita richiesta di una donna: «Scrivimi una canzone». Pur nella sua perfezione, egli si scopre incapace di mettere insieme parole e note, perché ha smarrito la sua umanità.

Sul versante opposto, un cantautore di scarso successo, uomo di classe B, vive il declino dei cinquant’anni ed è costretto a lavorare nell’Archivio Digitale Permanente, dove si scelgono le canzoni da perpetuare e quelle da cancellare definitivamente. Si sottopone quindi a una terapia psico-musicale per ritrovare la sua ispirazione e così incappa in un’amara sorpresa: durante una seduta ascolta un suo brano dimenticato, che risulta però depositato vent’anni prima.

La storia dei due finisce per convergere sulla figura di un misterioso cantore-poeta.

Il tempo e la musica che lo scandisce, da sottofondo, diventano colonna sonora portante di un libro che ripropone temi pressanti: l’incedere dell’età, la paura di invecchiare, la liquidità di sentimenti e passioni, l’amore, la noia del vivere quotidiano, l’affanno di apparire giovani e la necessità di restare bambini.

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